Massimiliano Gallo per ilnapolista.it
Ngonge ha salvato il Napoli. Non che il pareggio ottenuto in extremis col Genoa cambi verso alla stagione degli azzurri. Ma almeno ha evitato la sesta sconfitta di Mazzarri in dodici partite. Resta l’ennesima prestazione confusa anche se volenterosa.
Una squadra che nel primo tempo qualcosa ha provato a costruire ma poi al gol subito è andata nel pallone. Il Napoli è nono in classifica a 36 punti, a sei dall’Atalanta quarta che ha una partita in meno. Resta adesso la doppia sfida col Barcellona ultimo crocevia della stagione degli azzurri. Eliminare i catalani potrebbe ancora raddrizzare l’annata e lasciare aperta la porta per il Mondiale per club. Per il resto, il Napoli continua a navigare nella nebbia.
Non era semplice distruggere in appena nove mesi il lavoro di vent’anni e una squadra che aveva stravinto lo scudetto e raggiunto i quarti di finale di Champions. Aurelio De Laurentiis ce l’ha fatta. Incredibilmente per un imprenditore che aveva tracciato una strada nel calcio italiano, e non solo, che solo contro tutti era riuscito a risollevare il Napoli e a portarlo ai vertici nazionali per un decennio, peraltro tenendo i conti spesso in attivo. Nella vita tutto finisce, e sembra proprio il suo caso.
Lo scudetto ha cambiato tutto. Dopo la vittoria, la sfida che De Laurentiis ha lanciato ai fantasmi di Giuntoli e Spalletti (il signor Luciano è un vero e proprio incubo presidenziale) si sta risolvendo in una lenta agonia. Processo di dissoluzione in cui il signor Aurelio ha trovato in Mazzarri il complice ideale. L’arrivo del toscano sulla panchina del Napoli ha ottenuto due risultati: la completa riabilitazione di Garcia (che oggi giganteggia alla Ferguson, è stato esonerato al quarto posto il suo Napoli ha totalizzato sei punti in più di quello di Mazzarri) e il disfacimento della squadra che contro il Genoa ha sfiorato la sesta sconfitta in dodici partite di campionato. E oggi è nono.
Il pareggio col Genoa si è consumato con Osimhen in tribuna: ultimo risultato della astrusa gestione di capitali e di uomini di Aurelio De Laurentiis.
Senza Osimhen, Mazzarri ha assecondato la società e ha schierato dal primo minuto Traoré in una posizione a metà tra quella di Zielinski (si gioca male anche senza di lui) e il trequartista. Il calciatore ivoriano ha mostrato visto che sa giocare a calcio: in avvio di match si è anche lamentato platealmente perché non servito dai compagni. Ha provato il tiro a giro (alto) e mostrato un discreto dinamismo per essere un giocatore fermo da molti mesi. Nel secondo tempo, prima di uscire, un sinistro da fuori. Ha ricordato un po’ Beto calciatore del tempo che fu.
Al centro dell’attacco è stato riproposto Simeone che ha sbagliato un gol dopo un minuto di gioco e a più riprese ha ricordato Giorgio Braglia l’ala capellona e sciupone del Napoli di Vinicio.
In apertura di ripresa il Genoa di Gilardino ha dimostrato che si può segnare anche senza costruzione dal basso. O meglio, con la costruzione dal basso in verticale. Giro palla col portiere, poi Martinez ha rischiato un rasoterra lunghissimo che ha pescato Retegui nel cerchio di centrocampo. Il centravanti ha appoggiato a Messias abilissimo ad avanzare facendo finta di temporeggiare, in verticale per Retegui, tocco di Natan (entrato per Ostigard) per l’accorrente Frendrup che di sinistro ha battuto l’incolpevole Meret.
Poi, il Napoli ha prodotto molta confusione. Sostituzioni, e poco altro. Martinez di fatto non ha compiuto una parata.Solo un colpo di testa di Anguissa da vicinissimo: alto. Fino al pareggio di Ngonge nel finale.