Alessandro Fulloni per corriere.it
Viene chiamata «Miriam», anche se questo non è il suo vero nome. L’uomo che dal 2015 e sino a pochi mesi fa l’ha picchiata e violentata ripetutamente è un calciatore della «Ligue 1», la «serie A» francese, e viene soprannominato «Monsieur». Di questa vicenda, dal punto di vista delle identità anagrafiche, non sappiamo, per ora, altro.
Anche se è presumibile che sia destinata a terremotare il mondo del pallone dato che «l’Èquipe», il quotidiano sportivo transalpino, ha deciso di «aprire» l’edizione in edicola lunedì con una lunghissima intervista a «Miriam» che occupa le pagine 2, 3 e persino la 4: le più importanti, quelle destinate al racconto dei fatti di sport principali accaduti la domenica.
Stavolta è tutto diverso: nella «copertina» campeggia la foto di quella che potrebbe essere Miriam ripresa di spalle, una ragazza africana. Poi un solo grande titolo: «Non erano schiaffi leggeri, ma pugni al ventre, sul viso, dappertutto...». Ed ecco il sommario: «Negli ultimi due anni, Miriam è stata regolarmente e violentemente picchiata dal suo compagno, un ex giocatore della Ligue 1. “Avrei potuto morire”. Una testimonianza agghiacciante, dato che i casi raccontati di violenze nel football si stanno moltiplicando».
«Non vorrei che uccidesse qualcuno»
L’intervista è realizzata da Christine Thomas e Mathieu Gregoire. Se Miriam si è decisa a parlare è perché ha saputo che anche la nuova compagna del calciatore, incinta, sta vivendo il suo stesso incubo. Miriam lo ha appreso perché è rimasta in contatto con il padre del giocatore presso il quale la nuova fidanzata si rifugia ogni volta che viene «pestata». «Vi ho contattato — dichiara Miriam ai giornalisti che l’ascoltano e che hanno visionato i numerosi riscontri che la donna ha portato riguardo le ripetute violenze subite — perché non vorrei che lui finisse per uccidere qualcuno».
Conosciuto durante una partita della nazionale
Poi il via al colloquio vero e proprio. Si comincia da dove Miriam, era il 2015, ha conosciuto «Monsieur». Ovvero nella città di un Paese africano dove lui aveva disputato una partita con la nazionale di quello stato. Amore a prima vista: lui le chiede di mollare tutto per raggiungerlo in Francia. Lei accetta, il calciatore le prepara i documenti, Miriam si trasferisce. Sulle prime il calciatore era «adorabile», ma è cambiato ben presto: geloso, violento, paranoico, ogni pretesto era buono per picchiarla. «Non erano schiaffi leggeri, ma pugni al ventre, sul viso, dappertutto...». «Non voleva che io vedessi le amiche perché temeva che mi presentassero qualcuno; una volta, dopo avermi violentemente picchiata, mi regalò un’auto come se nulla fosse accaduto». Un cambiamento — spiega Miriam — forse dovuto ai soldi abbondanti che lo avevano reso «arrogante, senza rispetto per nessuno, facendogli credere che tutto fosse permesso».
«Mi picchiava circa tre volte al mese. Una volta mi disse: “Andiamo a fare un giro in auto. A un tratto, dopo una scenata di gelosia, mi chiese la password per il mio profilo Instagram. Io rifiutai. Allora lui mi slacciò la cintura di sicurezza, accelerando e affrontando le curve a 200 all’ora... Un’altra volta mi picchiò in albergo. Dei clienti chiamarono la reception. Da qui volevano avvertire la polizia. Lui convinse tutti che era stata solo una scenata di gelosia».
«Ero innamorata, speravo cambiasse»
L’intervista prosegue con il racconto di abusi sessuali, con le storie degli infermieri che medicandola al pronto soccorso, e insospettiti per quei lividi, tagli ed ecchimosi. la supplicavano di denunciare l’uomo che l’aveva picchiata. Cosa che Miriam non ha mai fatto, per lungo tempo, perché «innamorata, speravo cambiasse». Poi i poliziotti. Che si sono presentati più volte a casa di Monsieur, chiamati forse dai vicini. Hanno chiesto a Miriam di denunciare Monsieur. «Io dicevo di no... Allora mi rispondevano: “la prossima volta lo faremo noi”. Ma non l’hanno mai fatto». Poi la ragazza resta incinta: è stato questo un altro motivo per proseguire la relazione. Lei resta con lui anche dopo che viene picchiata in stazione, stavolta ripreso dalle telecamere. La storia termina quando il giocatore (che una mattina si presenta a casa con un’altra donna da cui ha avuto dei figli) le dice di non essere il padre del bimbo che dovrebbe nascere tra un mese.
E via: ancora botte violente. Miriam cerca di difendersi gridando queste parole: «Così ucciso il bimbo!». La risposta è all’incirca questa: «Chi se ne importa, tanto non è mio figlio!». Stavolta però la donna riesce finalmente a scappare, a liberarsi da quell’incubo. Passano i mesi, Miriam viene a sapere che anche la nuova compagna di Monsieur viene regolarmente picchiata. Così chiama l’Èquipe. Che pubblica la denuncia decidendo (per ora) di non rivelare il nome del calciatore violento.