“NON M’IMPORTA SE LA NAZIONALE NON FA UN GRAN CALCIO. HA UN ALTRO OBBLIGO. DEVE VINCERE” – ZAZZARONI: "L’ASPETTO PIÙ PARADOSSALE DEL NOSTRO VIVERE LA NAZIONALE È IL TRATTAMENTO CHE VIENE RISERVATO A GIGIO DONNARUMMA, L’UNICO AZZURRO DI QUALITÀ SUPERIORE: SIGNIFICA CHE ABBIAMO PERSO IL SENSO DELLA REALTÀ" – RONCONE: “DOBBIAMO FIDARCI DI SPALLETTI, CHE VA DI MESTIERE. NON PUO' PRETENDERE TUTTO IL SUO CALCIO VISTO CHE LOCATELLI...”

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Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport

luciano spalletti luciano spalletti

 

Sì, questi siamo. E proprio perché siamo questi dobbiamo portare in campo quella voglia di andare oltre i limiti che in passato ci permise di gioire. Avete presente l’Italia della prima mezz’ora? Proprio quella, capace di mandare in confusione l’Ucraina con la corsa, i movimenti senza palla, i cambi di gioco, l’aggressività. L’abc. L’Italia del doppio Frattesi.

 

Non m’importa se la Nazionale non fa un gran calcio: ha un altro obbligo, un’altra missione, deve vincere per partecipare ed eventualmente provare a vincere ancora. E l’unico modo che conosce - e conosciamo - per farlo è “all’italiana”, che non significa esclusivamente difesa e contropiede: all’italiana vuol dire sacrificio, compattezza, solidità difensiva, certo, attenzione, carattere, e insomma mettersi innanzitutto sullo stesso piano dell’avversario. I tagli, i controtagli, le torte e i riccioli - come direbbe Allegri - lasciamoli a chi se li può permettere o ai club, a chi possiede le soluzioni del fuoriclasse e il tempo concesso all’allenatore.

 

gianluigi donnarumma gianluigi donnarumma

Non siamo niente se non ci ricordiamo in ogni momento di aver mancato gli ultimi due Mondiali e di rischiare l’assenza al prossimo Europeo, peraltro da campioni in carica. Il trionfo di Wembley, quello di Mancini (e Vialli), non ci ha insegnato nulla? Speravo che, come in quel fantastico mese, prevalessero di nuovo la realtà e il coraggio, non la fantasia di chi insegue ancora una superiorità che possiamo mostrare soltanto se raddoppiamo forze e sforzi. A Londra vincemmo prendendo a morsi una dopo l’altra Turchia, Svizzera, Galles, Austria, Belgio, Spagna e Inghilterra.

 

I princìpi guida

Realismo, concretezza e senso della squadra devono essere i nostri princìpi-guida. Messi noi non l’abbiamo. E non abbiamo Haaland, Lukaku, Mbappé, Kane, e non presentiamo più Baggio, Del Piero, Totti, Pirlo: ce lo ripetiamo ogni volta, poi ce ne dimentichiamo.

luciano spalletti luciano spalletti

 

Per questo speravo che nella prima conferenza stampa Spalletti, grande allenatore di campo, si concentrasse su questi elementi, sui nostri valori originari, e meno sui caratteri e i dettati della manovra.

 

L’aspetto più paradossale del nostro vivere la Nazionale è proprio il trattamento che viene riservato a Gigio Donnarumma, l’unico azzurro di qualità superiore, al di là della crescita verosimilmente interrottasi a Parigi: significa che abbiamo perso il senso della realtà. Volere che la realtà sia diversa da quella che è, è come pretendere di insegnare a un gatto ad abbaiare, diceva Byron Katie.

 

I migliori ieri sera? I miei: Frattesi su tutti, sempre pronto a offrire soluzioni ai compagni e tanto, tanto efficace; vivacissimo Zaniolo, bene a tratti Zaccagni e Locatelli. E Barella.

 

 

MESTIERE, UMILTÀ E SOFFERENZA DOBBIAMO FIDARCI DI LUCIANO

davide frattesi davide frattesi

Estratto dell'articolo di Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera

 

Dobbiamo fidarci di Luciano Spalletti (…) che ha accettato di infilarsi nel nostro grosso guaio azzurro. E sta cercando di risolvercelo. Bella Italia. Lampi, di botto, pure entusiasmanti. Il portiere dell’Ucraina preso a pallate. Adesso, però, calma: perché restiamo ancora dentro la complessa classifica ereditata dall’ex c.t. con il ciuffo biondastro e le tasche piene di bigliettoni arabi. E non solo: la qualità media dei calciatori italiani era e resta quella nota, siamo tra la normalità e la modestia assoluta, senza campioni accertati, o in arrivo.

 

Allora Spalletti va di mestiere, la sua grandiosa specialità. E ne cambia cinque su undici, rispetto a Skopje: rimpasta centrocampo e attacco. Mette dentro Frattesi (scusi, Inzaghi: ma ha capito lei chi lascia in panchina?) e Raspadori, convince Zaccagni e Zaniolo a passarsi il pallone, e a tutti chiede il ritmo che non c’è stato in Macedonia, e la determinazione, e almeno qualche accenno di puntigliosità, negli schemi. Non può pretendere tutto il suo calcio. Anche perché Locatelli non ha il passo dei registi prediletti: da Pizarro arrivando a Lobotka. Bussole umane, calamite negli scarpini.

italia ucraina italia ucraina

 

(...)

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