SINNER: ESPERTO, NORME ANTI DOPING QUASI COME SANTA INQUISIZIONE
(ANSA) - "Il problema delle norme anti-doping, quasi al pari della Santa Inquisizione, è che c'è un'inversione dell'onere probatorio. Una volta che si è trovati positivi, si è colpevoli fino a prova contraria. La prova deve essere data da Sinner".
Questa la principale insidia cui va incontro il numero 1 del mondo davanti al Tas, secondo l'avvocato Giovanni Fontana - con una lunga esperienza nelle questioni giuridiche legate al doping - ospite di Radio Anch'io Sport (Rai Radio 1) sul caso Clostebol e la richiesta della Wada di squalificare il tennista da uno a due anni.
"Se ci sono le prove che l'utilizzo del farmaco è stato fatto da un altro soggetto (il fisioterapista Giacomo Naldi, ndr) e che Sinner non sapeva niente e non ne poteva sapere niente, ci sono buone possibilità per ottenere l'assoluzione anche di fronte al Tas" ha aggiunto il legale.
"Il problema del Clostebol è ricorrente in Italia, tra l'altro non è più una molecola usata a fini dopanti, nel tempo si è scoperto che ci sono molecole migliori. Molto probabilmente il 95% degli atleti trovati positivi non sono dopati - ha spiegato Fontana - ma atleti che hanno commesso errori e leggerezze. L'uso del doping è molto diminuito nel mondo, sono aumentati controlli e migliorate le procedure che la Wada ha uniformato".
Nelle urine di Sinner è stata rintracciata una quantità infinitesimale di Clostebol: "La quantità era infinitesimale e il miglioramento delle prestazioni è pari a zero. Il problema dell'anti-doping è che un anabolizzante rimane in circolo nel corpo per mesi e quindi non si può stabilire solo in base alla quantità l'uso che si è fatto dell'anabolizzante". L'avvocato ha ammesso di essere rimasto "un po' sorpreso" dal ricorso Wada. "Non me l'aspettavo, da quello che leggevo sembrava chiara la buona fede di Sinner. Comunque ci sta che la Wada possa fare appello, lo fa tante volte" ha concluso.
SENZA NUOVE PROVE IL RICORSO DELLA WADA SARÀ UN BUCO NELL’ACQUA
Marco Bonarrigo per il “Corriere della Sera” - Estratti
(...)
Nello sport si registrano ogni anno tra venti e trenta positività al Clostebol, l’1% del totale, il 3% nella categoria degli steroidi, un terzo delle quali in Italia. La giurisprudenza di questi casi fornisce un quadro piuttosto chiaro (con rare eccezioni) dei criteri con cui vengono assolti o puniti (e con che pena) gli atleti e della strategia difensiva necessaria per cavarsela.
I quattro anni rifilati al tennista Stefano Battaglino (pena massima) derivano dal fatto che l’atleta ha, secondo Sport Resolutions, indicato una fonte di contaminazione inverosimile (un massaggiatore dello staff di un torneo in Marocco che avrebbe usato il Clostebol al posto dell’olio) non riuscendo nemmeno a portarlo in aula a testimoniare. I 18 mesi alla fondista norvegese Johaug tengono conto del fatto che la crema le era stata prescritta dal medico del team (reo confesso), ma l’atleta paga il non aver controllato l’evidente scritta «doping» sulla confezione.
Nei 15 mesi che il Tas ha accordato all’altro tennista (all’epoca dei fatti minorenne) Mariano Tammaro pesa il fatto che lui «pur inconsapevole, non si preoccupò di chiedere al padre e alla madre se la pomata con cui gli stavano curando la ferita fosse o meno dopante». Due anni alla nuotatrice delle Bahamas Joanna Evans che indicò la farmacia di Napoli e la data in cui comprò la crema per curare una piaga: Nado Italia scoprì che quel giorno la farmacia non aveva venduto nessuna confezione del prodotto.
Nella completa assoluzione di Matilde Paoletti, altra tennista, è stato decisivo il fatto che la ragazza non poteva sapere che il cane che custodiva in assenza dei genitori era stato curato con Clostebol (Veterabol) per delle ferite, con pezze d’appoggio (referto ricovero dell’animale, prescrizione…) che lei documentò puntualmente. Caso e assoluzioni speculari per Josè Palomino dell’Atalanta che aveva affidato il cane a un vicino che lo fece curare con il Veterabol: documentazione ok, assoluzione garantita.
I precedenti sono chiari, il processo dovrebbe essere lineare. Per ribaltare la sentenza di Sport Resolutions, la Wada dovrebbe dimostrare ad esempio che il preparatore Umberto Ferrara non ha comprato il Trofodermin alla Farmacia Ss Trinità di Bologna lo scorso 13 febbraio, come lui stesso ha dichiarato, oppure ottenere che uno dei due «garanti di Sinner», lo stesso Ferrara e/o il massaggiatore Naldi, ritratti la versione data nel procedimento di primo grado che al momento rende totalmente legittima l’assoluzione di Sinner.
Giovedì, mentre Jannik Sinner era impegnato negli ottavi del torneo di Pechino, la Wada annuncia di aver presentato ricorso al Tas, la Cassazione dello sport, contro l’assoluzione del giocatore positivo — a due test antidoping — decisa da Sport Resolutions Prima volta La Wada non aveva mai fatto appello contro la sentenza di un organismo internazionale, per Sinner, invece, ha chiesto una squalifica da uno a due anni.