Pochi passi ma pesanti, la camminata di #Maignan per lasciare il campo dopo i cori razzisti di Udine sono un atto forte che resterà. pic.twitter.com/2gKhGSTPVq
— Riccardo Marra (@RiccardoMarra) January 20, 2024
1 - LA DURA LEZIONE CHE ARRIVA DAL PORTIERE
Estratto dell’articolo di Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
È mortificante per il calcio italiano farsi spiegare proprio da Maignan le ragioni del suo gesto. Le spiega e, con nettezza, aggiunge: è un intero sistema che, adesso, ha l’obbligo di assumersi tutte le responsabilità. La verità è che Maignan legge, ascolta, coglie l’immediato diffondersi di quella certa storica abitudine a sopportare e subito dimenticare gli episodi di razzismo che avvengono, con tragica regolarità, nei nostri stadi. […]
La verità è che, tanti o pochi, erano recidivi e spavaldi, perché sapevano di poter contare sul silenzio complice degli altri spettatori e delle (eufemismo) autorità. Del resto è quello che accade ogni domenica in quasi tutte le Curve (e non solo). Quando il razzismo serpeggia ed esplode in una miscela di cupa ignoranza ed efferata violenza, tra braccia tese nel saluto romano e cori con i quali si augura la morte dell’avversario, s’invoca un Vesuvio che erutti, mentre si diffondono fotomontaggi con Anna Frank che indossa la maglia della squadra avversaria e si perseguita il calciatore nero con versi animaleschi.
Il tifo coincide con l’odio. I nostri stadi sono luoghi crudeli, brutali, oscuri (e fatiscenti, a voler essere pignoli). Poi Maignan si sveglia e s’accorge che l’Udinese, a distanza di molte ore, non ha ancora diffuso alcuna nota ufficiale di condanna sulla sua vicenda. E che i vertici dello sport si sono limitati alle solite frasi di circostanza. Il portiere del Milan è così costretto a darci un’altra dura, penosa lezione.
2 - J'ACCUSE
Estratto dell’articolo di Giulia Zonca per “La Stampa”
Quando Mike Maignan aveva 12 anni guardava le strade di Villiers-le-Bel prendere fuoco. Siamo nella periferia a Nord di Parigi, nel novembre del 2007 e un centinaio di giovani rovescia cassonetti, incendia auto e sfida la polizia accusata di aver ucciso due adolescenti in un bizzarro incidente in moto […]
Quattro vittime, tutte afro-francesi come il ragazzino che diventerà portiere della nazionale, del Milan e punto di riferimento di una comunità calcistica stufa di accettare l'intollerabile. Maignan, il giorno dopo i gesti razzisti che hanno interrotto Udinese-Milan e il quieto vivere a cui la Serie A sperava di essersi votata, si è comportato esattamente come ci si aspettava, ha preteso delle reazioni. È abituato a farlo, anche con se stesso.
Dopo la partita ha ammesso di essere rientrato in campo solo perché non gli pareva giusto abbandonare la squadra, al rientro a Milano ha scritto: «Non avete attaccato un giocatore, ma un uomo. Non è la prima volta che succede e oggi tutto il sistema deve prendersi delle responsabilità. Chi mi ha insultato, chi ha fatto finta di nulla, l'Udinese, le autorità e la procura. Chi non fa nulla sarà complice».
La retorica intorno al razzismo è stantia, però chi scende in campo oggi ha una precisa visione e il coraggio di sostenerla. Non si aspetta più, non ci si chiede più se c'erano azioni diverse da opporre a cori disgustosi, non si sta ad analizzare il contesto sociale, l'orientamento delle curve e le ipotetiche provocazioni. In questo caso inesistenti, eppure, solo nel 2023, l'attaccante del Real Madrid Vinicius ha dovuto giustificare i balli celebrativi, giudicati strafottenti.
A un certo punto si è stufato e con lui il suo allenatore, Carlo Ancelotti che ha strappato un altro pezzo di indifferenza e ha preteso di parlare solo del danno, non di tattica e sostituzioni.
Sabato, il suo collega Cioffi, alla guida dell'Udinese, ha preferito usare il verbo «sorvolare» ed è superficiale giudicarlo in base a questo, però va preso atto che c'è una mutazione in corso e gli abitanti del pianeta pallone devono decidere dove stare. La stragrande maggioranza dei calciatori non ne può più, la Fifa, con tutte le sue contraddizioni, ha pure indicato la via oltranzista delle partite perse a tavolino come possibile soluzione e Infantino ha detto che probabilmente è ora di abbandonare il gioco. Proprio come voleva fare Maignan. […]
Al centro di una comunità che non smetterà di evolvere e crescere e parlare e domandare anche se ci sono federazioni, società e istituzioni che vorrebbero ancora sorvolare. Scusi Cioffi, davvero: non è questione di colpevolizzarla per una singola scelta infelice che può capitare a chiunque, è che proprio non si può sentire. E deve essere chiaro.