Da sport.sky.it
Allo United Center di Chicago Steve Kerr è di casa. Negli anni ’90 ha vinto tre titoli NBA con i Bulls guidati da Michael Jordan, marchiando a fuoco il titolo del 1997 con quel tiro per spezzare la parità nella decisiva gara-6 a pochi secondi dalla fine proprio su assist di MJ. Nel corso della sua vita ha poi vinto altri due titoli NBA con i San Antonio Spurs e poi altri quattro da allenatore con i Golden State Warriors, coronando la sua carriera pochi giorni fa con l’oro olimpico conquistato a Parigi 2024, un momento che ha definito come "quello che mi ha reso più orgoglioso in tutta la mia vita".
Kerr però è sempre stato molto attivo e vocale anche dal punto di vista delle battaglie sociali, e per questo non sorprende che tra gli speaker del primo giorno della convention del Partito Democratico a Chicago sia apparso anche lui sul palco per dare il suo endorsement alla candidata alla Casa Bianca Kamala Harris — tifosissima dei Golden State Warriors e presente a Las Vegas per il suo in bocca al lupo alla nazionale prima della partenza per Parigi — e al suo vice Tim Walz.
Kerr cita Steph Curry: "Il 5 novembre diremo 'notte notte' a Donald Trump"
Introdotto sulle note dell’immortale “Sirius” degli Alan Parsons Project, la stessa canzone con cui da decenni i Bulls scendono in campo, Kerr ha subito scherzato sul suo passato da giocatore ("È emozionante tornare qui, sono successe un sacco di cose belle negli anni ’90. Per i più giovani, cercate ‘Michael Jordan’ su Google e capirete di cosa parlo") e poi ha sottolineato come sia Harris che Walz (anch’egli tifoso, ma dei Minnesota Timberwolves) abbiano le qualità da leader di cui hanno bisogno gli Stati Uniti. “Io credo che i leader debbano avere dignità e debbano dire la verità.
Non vorreste le stesse qualità nel Presidente degli Stati Uniti? La gioia, la compassione e l’impegno verso il paese che abbiamo visto alle Olimpiadi è quello che hanno loro due, ed è quello di cui abbiamo bisogno. Ci serve quel tipo di leadership che ci unisce e non quello che ci divide, riconoscendo e celebrando il nostro obiettivo comune, come abbiamo fatto noi a Parigi mettendo da parte le nostre rivalità. Immaginate quello che potremmo fare con 330 milioni di persone nella stessa squadra: non come Democratici, non come Repubblicani, non come Liberali, ma come Americani". Infine ha spronato tutti ad andare a votare il prossimo 5 novembre, giorno delle elezioni: "Quella sera potremo, usando le parole del grande Steph Curry, dire 'notte notte' a Donald Trump" ha concluso, imitando il gesto di esultanza del suo playmaker in campo.