Andrea Elefante per gazzetta.it
Questa storia di tensioni crescenti, con parabola opposta a quella del rendimento dell’Atalanta, non inizia la sera dell’1 dicembre, Atalanta-Midtyjlland: inizia molto prima. Ai primi di ottobre, quando dopo tre anni Gomez torna nel gruppo dell’Argentina: straordinaria e meritata gratificazione, che apre al giocatore la prospettiva di giocare una grande manifestazione come la prossima Coppa America; ma anche un cambiamento radicale nella sua gestione atletica e fisica.
E proprio nella stagione delle partite ogni tre giorni, e per tre mesi. Il Papu non resta a lavorare specificamente a Zingonia, come sempre durante le soste del campionato, di cui solitamente approfitta per fare un pieno di benzina. Quello che poi consente a Gasperini, anche se fra i due non sono tutte rose e fiori, di farlo giocare praticamente sempre. E a lui di giocare bene: non sempre, ma spessissimo. Invece nel giro di 40 giorni Gomez fa due voli transoceanici e si allena (diversamente) dall’altra parte del mondo per un totale di quasi venti giorni. Anche lui, come Zapata ad esempio, ne risente. E le energie per giocare tuttocampista, come ormai gli piace, a giudizio di Gasperini non sono le stesse.
CONTATTO FISICO
In campo fatica di più il Papu, ma soprattutto soffre l’Atalanta: il tecnico non decide di tenerlo in panchina ma di avanzarlo, di nuovo più vicino all’area, con meno libertà di movimento ma anche minor dispendio di energie. Gomez non è entusiasta e la latente divergenza di vedute tattiche fra i due, che non trova un punto di contatto, esonda verso fine primo tempo della gara di Champions con i danesi: un’indicazione del Gasp viene disattesa due volte dal Papu e rifiutata esplicitamente la terza, prima di "rassegnarsi" ad accettarla.
Dieci minuti dopo, nello spogliatoio, l’inizio della fine: con reciproci incontri molto ravvicinati, e non solo verbali. Il chiacchieratissimo contatto fisico, più delle parole, rende il diverbio irrimediabile: due giorni dopo a Zingonia viene medicato, non curato, da un intervento diretto del presidente Antonio Percassi.
Non serve a favorire un incontro conciliativo fra i due, ma a mettere in chiaro che non saranno ammessi altri comportamenti "non da Atalanta". Tanto più che all’orizzonte c’è il "dentro o fuori Champions" contro l’Ajax. Che Gomez gioca dopo essere stato escluso dai convocati per la precedente Udinese-Atalanta e prima di guardare per 90’ Atalanta-Fiorentina, l’altro ieri.
IL POST
Panchina forse attesa, ma non facile da metabolizzare. Come l’ansia di scrivere le righe di quel post, facendo nascere il sospetto che la sua gestione dei momenti e delle azioni non sempre sia all’altezza dello straordinario rendimento che ha in campo: l’impressione è che sia stata anche la captatio benevolentiae di un giocatore che conosce gli umori dei tifosi di Bergamo e che a Bergamo, se non cambierà idea, ha scelto di vivere. Un’uscita che - meditata o no che sia stata - ora lascia una curiosità: sapere cosa dovrà raccontare Gomez, una volta che dovesse andarsene. Di questa vicenda si è già detto talmente tanto, e con talmente tanti "contributi", che è intrigante provare a capire cosa di nuovo resti ancora da conoscere.
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