Estratto del libro "Grand Hotel Calciomercato" di Gianluca Di Marzio pubblicato dal "Corriere della Sera"
Amarsi e poi dirsi addio, esattamente vent' anni dopo. Per poi tornare lì, dove tutto è iniziato. 2001-2021, una lunga e appassionante storia di sorrisi e parate, successi italiani e rimpianti europei, quella magica alchimia che pensi possa durare per sempre ma poi all'improvviso si spegne: Gigi Buffon arriva alla Juventus da ragazzo prodigio coltivato nel Parma, diventa un uomo e si laurea campione, uscendo di scena dopo l'ultima Coppa Italia vinta, portato in trionfo con i guantoni tutt' altro che arrugginiti nonostante quarantatré candeline già soffiate.
Ma lo sapete che, in quella famosa estate da ventitreenne sul mercato, nella testa del giovane Gigi la prima scelta era un'altra? Roma, la stessa Roma che oggi ha stregato Mou. Un feeling nato proprio sul campo, da avversario, in un caldo pomeriggio di metà giugno 2001, il 17 per l'esattezza: una domenica indimenticabile per tutti gli abitanti festosi dell'Olimpico. Il suo Parma ne prende tre, da Montella, Batistuta e dall'amico Totti, certificando con l'aritmetica lo Scudetto per la squadra allenata da Capello. Lo stadio trema, un ciclone di bandiere giallorosse e voci emozionate rendono quella giornata palpitante anche per il cuore di chi ha una maglia diversa e sogna così di tornarci da padrone di casa.
«Se posso scegliere, questa è la mia destinazione preferita: l'ambiente mi ha affascinato, portami lì, Silvano! Altrimenti Barcellona o Juve, in quest' ordine». Il destinatario è il fedele agente Martina, custode di segreti e contratti insieme al papà di Buffon, il signor Adriano. La famiglia infatti spinge per continuare in Italia, non resta che avviare la trattativa con Sensi e Baldini. Il direttore sportivo è sponsor agguerrito dell'operazione, spinge forte e trova l'intesa su ingaggio e stipendio, sbattendo successivamente contro la resistenza del suo presidente a investire i quasi cento miliardi chiesti dal Parma per venderlo.
Ne spenderà poco più della metà per il funambolico Cassano. Vicino alla Roma, addirittura vicinissimo al Barça: storia di un blitz spagnolo alla Trattoria del Ducato, a pochi passi dallo stadio Tardini, dove i dirigenti del Parma si riuniscono per pranzi e cene d'ordinanza. Questa volta è diverso, sul tavolo (anzi, a tavola) ben centoventi miliardi in contanti per convincere l'allora Cavalier Tanzi a cedere quel portiere predestinato a essere un top player. L'accordo viene raggiunto davanti a un piatto di tortellini, arriva anche il via libera per il viaggio del suo procuratore.
Silvano Martina parte così dopo qualche giorno, facendosi accompagnare da una vera e propria leggenda, il miglior biglietto da visita possibile, Luisito Suarez in carne e ossa, Pallone d'Oro nel 1960 proprio con la maglia che Buffon potrebbe indossare di lì a poco. Suarez ha finito la sua carriera in Italia, è stato un mito per l'Inter, ha una parola buona per tutti e si mette sempre a disposizione per gli amici. Martina lo è. I due vanno quindi al Camp Nou a vedere la partita in programma in quel weekend, poi a cena con i grandi capi blaugrana. Non ci vorrà molto per raggiungere un'intesa: tra Buffon e il Barcellona è quasi una promessa di matrimonio.
Per le pubblicazioni però serve ancora qualche ora, e il tempo sarà fatale per il piano spagnolo. Appena rientrato in Italia, mentre guida dalle parti di Rozzano, ecco suonare all'improvviso il telefono del manager di Gigi. «Oh, Silvanooooo, ma dove cazzo vai in giro per l'Europa? Quello lì deve essere nostro, punto e basta!». Ogni riferimento a Buffon non è puramente casuale: la voce inconfondibile di Luciano Moggi rimbomba come una minaccia. «Me lo dici da tre anni, ora se vuoi scrivi» risponde Martina, invitando il potente uomo mercato della Juve a formalizzare una volta per tutte l'offerta contrattuale per il suo assistito. Giusto il tempo di fissare un appuntamento a Torino da Umberto Agnelli e le parti stringono un patto d'onore a suon di soldoni e progetti: Buffon dice definitivamente sì alla Juventus. E la parola data al Barcellona?
L'imbarazzatissimo procuratore scrive addirittura una lettera e la spedisce via raccomandata all'infuriato presidente, scusandosi per non aver rispettato l'impegno. Un gesto che si fa comunque apprezzare, in un mondo dove anche oggi il mea culpa resta raro. (...)
Rispetto a quasi tutti i giocatori di oggi, che stalkerano i propri agenti ogni due per tre in cerca di aggiornamenti, Buffon vive invece con la serenità più invidiabile i momenti di incertezza relativi al suo futuro. «Se trovi qualcosa di intrigante, bene, altrimenti posso anche smettere senza problemi».
È l'unico messaggio trasmesso al fedele Silvano. «Ti vuole l'Atalanta, Gigi: faresti Champions e campionato da titolare, una bella sfida». È la tentazione di metà agosto 2020, ma il richiamo dell'amico-fratello Pirlo, appena nominato allenatore della Juve, non può essere trascurato. «Mi ha chiesto di dargli una mano, è la sua prima esperienza in panchina, non posso dirgli di no. Restiamo qui» per l'ultima stagione da protagonista. Quando gioca, la squadra non perde mai.
Eppure si dispiace per il compagno (in questo caso Szczesny) relegato in panchina. Come ai tempi della parentesi al Psg. «Se resto qui, poi non faccio il bene di Areola che è giovane e troverebbe poco spazio» suscitando la reazione infastidita del suo interlocutore. «Deciditi, Gigi, se la pensi così allora chiudi tutto e ritirati, eh». Per un botta e risposta dove a vincere è sempre un eterno ragazzo, l'estremo guardiano: custode di una porta che sembra sempre piccola quando a proteggerla c'è lui.
La prima vera estate sul mercato dopo vent' anni si trasforma così in un concentrato di richieste arrivate da tutto il mondo. Alla faccia dei quarantré anni sulla carta d'identità (...) (...)Al cuor però non si comanda, soprattutto quando il destino ti concede l'opportunità di chiudere un cerchio meraviglioso. Parma, il Parma. Come nella sceneggiatura di un film. Esattamente vent' anni dopo quel viaggio destinazione Torino, con una valigia piena di sogni. A riportarlo di nuovo a casa ci pensa il presidente americano Kyle Krause, tra i proprietari più social del calcio italiano: lui ama infatti svelare gli acquisti twittando, spesso postando la bandierina relativa alla nazionalità del giocatore.
La pazza idea nasce il 21 aprile allo Juventus Stadium, ospite proprio il Parma in campionato. «Perché non torni da noi l'anno prossimo?» con un sorriso che sembra già un contratto pronto per essere firmato. Due mesi dopo, ecco l'accordo biennale con un desiderio mica tanto segreto: giocare per convincere Mancini a portarlo come terzo al Mondiale 2022. Là dove il primo, Gigio Donnarumma, si presenterà da campione d'Europa e non più da portiere del Milan .
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