“Qui e ora”. È stato questo il mantra di Velasco che ha guidato l’Italvolley donne al successo olimpico in 4 mesi dimostrando a tanti commissari tecnici, Spalletti in primis, che le scuse hanno le gambe corte e i risultati si possono raggiungere anche con poco tempo a disposizione.
JULIO VELASCO DOPO LA VITTORIA DELLA NAZIONALE FEMMINILE DI PALLAVOLO ALLE OLIMPIADI
“Punto dopo punto, palla dopo palla”. Il ct che pensa come un filosofo e parla come un professore ha voluto trasferire anche alle ragazze la sua lezione: dal passato non ci si fa influenzare, si guarda sempre avanti. “L’importante è la palla dopo”.
L’uomo che ha provato a cancellare negli anni Novanta “la cultura degli alibi” dall’orizzonte mentale dei pallavolisti azzurri (“Lo schiacciatore che sbaglia dava la colpa al palleggiatore, il palleggiatore la scaricava sui ricevitori che a loro volta guardavano le luci del palazzetto. Alla fine, quando si sbagliava in attacco, la colpa era dell’elettricista”), ha provato a liberare le donne, che hanno “maggiore concentrazione e disciplina degli uomini”, dalla paura di sbagliare: “L’errore non è dimostrazione di incapacità ma parte di un processo di apprendimento”.
Il principio non negoziabile resta, invece, la “disponibilità incondizionata” al lavoro. “La squadra va preparata per le partite in cui saremo in difficoltà, questa è una cosa di cui i tifosi non tengono mai conto”.
Velasco demolisce cliché duri a morire nello sport. “Bisogna saper giocare male, perché quando le cose in campo non vengono bene, subentra il panico”. E ancora: “Le giocatrici hanno tutti gli stessi doveri ma non sono tutte uguali, alcune sono più importanti delle altre, basta vedere il loro conto in banca”. Sul concetto di squadra: “Per vincere non è necessario essere amici o andare a cena insieme. Bisogna aiutarsi in campo” (anche se le ragazze dell’Italvolley lo hanno stupito: “Si sono compattate subito come gruppo, anche quello aiuta visto che sono state tre settimane di convivenza sotto stress”).
Nessuna ossessione, neanche per l’oro olimpico che gli mancava, il ct ha tolto la scimmia dalle spalle delle giocatrici murando le semplificazioni giornalistiche sulla “maledizione” dei Giochi o certe iperboli sulla “generazione dei Fenomeni”: “Ho visto anche i titoli su “Sinner marziano”, in Italia c’è sempre l’idea che chi fa risultati sia troppo poco normale. Non credo a questo, non penso neanche che Djokovic sia un marziano, ma solo che è il più grande...”.
A 18 anni, quando era uno studente di filosofia in Argentina, Julio Velasco sognava una mansarda a Parigi. A 72, il ct dell’Italvolley donne nella capitale francese ha preso 3 appartamenti per ospitare la famiglia durante i Giochi che ha stravinto (l’Italia ha perso solo un set nel torneo olimpico). L’età non è mai un limite al desiderio di sognare, e imparare ancora. L’anno prossimo ci sono i mondiali. Si guarda avanti, palla dopo palla. Per trasformare ancora i sogni in oro. Qui e oro.
julio velasco PAOLA EGONU E JULIO VELASCO
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