Guglielmo Buccheri per "la Stampa"
Giovanni Malagò e Gabriele Gravina Foto Mezzelani GMT45
Il pallone è tornato a Roma per buona pace degli inglesi che ne annunciavo il ritorno a casa. E il pallone azzurro, dalla notte di Wembley, pesa di più, in campo e fuori. L'agenda della festa infinita racconta di giocatori, da ieri, al mare e di un'onda nazionale che ci porta ad alzare lo sguardo fino al 2028 perché il 2028 può diventare la stagione dell'Europeo dentro ai nostri stadi.
I buoni propositi sono diventati qualcosa di più e l'idea di avanzare la candidatura dell'Italia per ospitare l'evento in calendario tra sette anni prende forma: entro la prossima primavera i dossier della pretendenti dovranno arrivare sul tavolo Uefa e tra i dossier ci dovrebbe essere anche il nostro.
Come potrebbe il paese dei campioni d'Europa tagliare il traguardo? L'onda azzurra piace perché piace a tutti cavalcare un'immagine seria, pulita e divertente. E l'onda azzurra parla di un'organizzazione impeccabile delle tre gare romane dell'Europeo itinerante (primo ed ultimo), le migliori giudicate dal presidente Ceferin e, allo stesso tempo, l'onda azzurra, a breve, potrà avere una maggiore attrazione grazie al cammino che sono pronti a fare le città ed i loro nuovi, o ristrutturati, stadi di calcio.
Giovanni Malagò e Gabriele Gravina Foto Mezzelani GMT43
Da Donnarumma, Chiellini, Bonucci, Verratti, Jorginho, Chiesa ed Insigne a Bologna, Cagliari, Verona, Genova, Firenze, ma anche Empoli e La Spezia per restare ai campi di serie A: sono sette i progetti partiti o in rampa di lancio con il coinvolgimento del Credito Sportivo Italiano guidato da Andrea Abodi come advisor e non solo.
L'investimento complessivo per i sette impianti è di circa 600 milioni di euro, la realizzazione tra i due ed i quattro: l'Uefa assegnerà Euro 2028 nel settembre del 2022 e il tempo per definire l'eventuale sinergia sport e politica è arrivato. Il presidente del Coni Giovanni Malagò lo ripete da un bel po': «Per il rilancio delle infrastrutture serve organizzare un Europeo o un Mondiale...».
Giovanni Malagò e Gabriele Gravina Foto Mezzelani GMT41
Il numero uno della Figc Gravina lo ha scritto nel suo programma e da vice Uefa è pronto al pressing: per ottenere il consenso ed i voti servirà presentare una profonda relazione con dieci città coinvolte, uno stadio da 60 mila posti, tre da 50 mila, tre da 40 e tre da 30. Bologna, Cagliari e Verona si rifaranno il trucco, tutte con capienza estendibile alle 30 mila presenze proprio per rispondere al parametro minimo previsto. Firenze e Genova daranno vita ad un restyling a cinque stelle, Empoli e Spezia cambieranno volto non per entrare nel dossier, ma per offrire uno spettacolo d'insieme.
Sullo sfondo, il caso Milano e Roma dove tocca alla politica districare la delicata matassa. Perché Euro 2028 e non il Mondiale 2030? Il Mondiale è il sogno di Gravina, ma, per come vanno i conti del calcio, organizzare un torneo planetario da soli è un rischio: nel 2026 toccherà ad Usa, Messico e Canada insieme. Meglio, e più gestibile, un Europeo: dopo il 2024 in Germania, c'è spazio.