Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
Sono uno dei 2 milioni e 165mila italiani che mercoledì sera hanno contribuito al sorprendente ascolto medio della Partita del Cuore tra la Nazionale dei politici e quella dei cantanti. Ammetto di aver riconosciuto più politici che cantanti e questa non è certamente una bella cosa, almeno per me.
Non l’ho vista per intero - ci mancherebbe: a tutto c’è un limite - ma quando Elly Schlein ha detto che «il piede c’è ancora, è il fiato che manca» ho avuto un’apparizione fantozziana e l’arcangelo Gabriele mi ha invitato a intervistare la segretaria del Pd, leader di sinistra condannata a giocare a destra. «L’umorismo di La Russa» precisa lei.
La lettura dei quotidiani di ieri ha offerto altri spunti. Schlein, giornali e televisioni hanno dedicato uno spazio quasi eccessivo alla vostra partita: sudditanza psicologica?
«Bene, sono contenta. La causa era nobilissima, fondamentale, la raccolta di fondi per il Bambino Gesù e l’ospedale di L’Aquila.
Abbiamo giocato per bambini e famiglie che soffrono, riaffermando il diritto alla salute, alle cure migliori. Bello che lo sport abbia, come sempre, cancellato le differenze. Lo sport è inclusivo. Penso che chi era allo stadio si sia divertito quanto noi».
Novanta minuti davvero particolari, tant’è che si sono prestati a svariate letture e addirittura a interpretazioni politiche. Penso ad esempio al suo abbraccio con Matteo Renzi. L’intesa si è esaurita al fischio finale?
«Se politicizziamo anche il calcio è finita. Renzi mi ha servito un assist e io ho segnato un gol che hanno annullato. È stato un abbraccio di gratitudine, puramente calcistico. Devo dire che più tardi ho ricambiato il favore, anche se in tv non s’è visto. Lui però il gol l’ha sbagliato».
Era fuorigioco netto, Schlein, il suo.
« I cantanti difendevano molto alto e correvano il triplo, avevano in media 15 anni meno di noi. Io ero forse la più giovane della squadra, insieme a Furfaro. Ronzulli... aspetta che controllo».
Ma no, non importa.
«Ecco, Ronzulli è del ’75, ha dieci anni più di me».
Lei giocava alla Pippo Inzaghi, sull’errore. Tipico dell’opposizione.
(Ride) «Provavo a sfruttare le loro distrazioni».
Quella sua frase, «il piede c’è ancora», mi ha colpito e incuriosito.
«Nel paese nel quale sono cresciuta, Agno, tremila anime, Canton Ticino, non esisteva una squadra femminile, giocavo spesso con i maschi. Anche ai tempi dell’università, a Bologna, si andava al campo con gli amici. Allo Sferisterio, in quello più piccolo, oppure altrove, lo affittavamo. Non gioco da tanto e me ne sono accorta...
Anni fa formammo la Nazionale femminile Parlamentari, anche in quell’occasione per una causa giusta, la sensibilizzazione della condizione delle sportive professioniste alle quali non venivano riconosciuti gli stessi diritti e le stesse tutele dei maschi».
Qualcosa è cambiato. Non troppo. Ho letto che lei era milanista e poi è migliorata diventando tifosa del Bologna. Mi perdonino i milanisti, ma al cuore e alla Andrea Costa non si comanda.
«Se devo essere sincera, da un po’ di anni non riesco più a seguire il campionato come un tempo. Oggi sono anima e corpo solo della Nazionale, non mi perdo una partita e puoi immaginare come mi sono sentita quando siamo usciti con la Svizzera».
Male, anzi malissimo, come tutti.
«Ma non chiedermi di azzardare spiegazioni, non mi permetto di esprimere giudizi sugli errori degli azzurri. Se vuoi, su quelli del Governo. Quanto tempo abbiamo?».
Poco .
«Il calcio, come ti ho detto, è entrato nella mia vita molto presto, io appartengo alla generazione di Holly e Benji».
«Mi ha stupito positivamente Schlein perché, al di là del fatto che sia stata l’unica a sbagliare ai rigori, si è mossa bene: ha giocato a un livello superiore rispetto ai colleghi maschi». Chi l’ha detto? E, soprattutto, non sospetta anche lei che si tratti di una non troppo velata presa in giro?
«Non ho letto, chi è stato?».
Ignazio “Oronzo Canà” La Russa.
«Ma guarda che dice sul serio. Al punto che ha voluto rimettermi in campo nei venti minuti finali con i migliori undici. Mi ero già tolta i parastinchi che avevano lasciato un tatuaggio sulle gambe. E comunque la storia dei rigori merita di essere raccontata.
Erano stati scelti cinque maschi, io ho detto no, non ci siamo: calcio, sport, inclusione. Significa che ci vuole anche una donna. Boccia ha capito, si è sacrificato e mi ha lasciato il posto».
E lei il suo l’ha sbagliato.
«L’avevo tirato bene, l’ha parato Pretelli. Mi sono sentita Roberto Baggio a Pasadena, solo che noi alla fine abbiamo vinto».
Alla faccia del paragone!
(Sorride) «All’epoca avevo nove anni, dici che ho esagerato? Ho puntato troppo in alto?».
Faccia lei. Un giocatore che oggi le piace?
«Mi ha entusiasmato la storia di Lamine Yamal. I calciatori della mia vita restano Benjamin Price e Mark Lenders».
elly schlein alla partita del cuore meme by 50 sfumature di cattiveria
Faccio finta di non aver sentito.
«Sono i protagonisti di Holly e Benji».
Cosa pensa delle ingerenze della politica nel calcio?
«Sono assolutamente contraria. La politica si deve occupare soprattutto dell’accesso allo sport e della tutela dei suoi valori fondanti. Noi con Mauro Berruto, il primo firmatario, abbiamo lavorato affinché lo sport entrasse di diritto nella Costituzione, un significativo passo avanti. Come abbiamo ripetuto più volte, crediamo nello sport come strumento di inclusione e benessere psicofisico, oltre che come passione e pratica».
elly schlein alla partita del cuore
Il prossimo appuntamento sportivo sono le Olimpiadi. Ci siamo quasi.
«Stiamo vivendo un periodo particolarmente felice. Atletica, pallavolo, nuoto, scherma. Lo sport offre una straordinaria immagine dell’Italia».
Schlein, sul Corriere della Sera Massimo Gramellini si dice perplesso.
« E perché?».
Teme di vederla un giorno a Wimbledon in doppio con Vannacci.
«Dica a Gramellini che può dormire tranquillo».
Scusi, e lo sport come strumento di inclusione e azzeramento delle differenze?
(Si fa una risata). Vede, abbiamo trovato un confine invalicabile».
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