Maurizio Caverzan per “La Verità” - Estratti
Anche quest’anno Sandro Piccinini sarà il telecronista di Prime Video per la Champions league, rinnovata a 36 squadre. Insieme a Massimo Ambrosini commenterà la miglior partita del mercoledì in un appuntamento che, con la folta squadra di inviati e talent, si propone sempre più di qualità.
Per concentrarsi totalmente sull’evento, l’ex conduttore e telecronista Mediaset ha rinunciato anche alla collaborazione con Rds Radio Serie A. Ma visto che oggi, con Genoa-Inter e Milan-Torino, parte il campionato, qui parliamo soprattutto di cose italiane.
Sandro Piccinini, qual è la tua griglia scudetto?
«Al momento, metterei Inter, Milan e Juve in prima fascia. Poi Napoli, Atalanta, Roma e Fiorentina, mentre il Bologna mi sembra un po’ in difficoltà».
L’Inter privilegerà la Champions e il Mondiale per club?
«Non credo. Il primo obiettivo rimane il campionato. La Champions non è un traguardo da fissare adesso. Troppe incognite legate a sorteggi, infortuni e calendari. Se non sei il Real Madrid cominci a pensarci in primavera».
L’Inter ha preso Taremi e Zielinski, ma i titolari sono quelli dell’anno scorso: rischi?
«Sì, non è facile ripetersi. Su Chalanoglu e Lautaro Martinez non ho dubbi, qualcuno ce l’ho sul fatto che si confermi Thuram... L’Inter non è giovanissima; i ricambi ci sono, ma un paio di rinforzi di qualità servirebbero. Scarseggiano i soldi, servono le idee».
A Giuseppe Marotta non mancano.
«Ma non sempre si indovina, l’anno che sbagli due acquisti sei in difficoltà. L’Inter ha confermato le sue colonne e il nuovo proprietario, Oaktree, ha brillantemente risolto il nodo del rinnovo di Lautaro Martinez».
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L’Atalanta vista con il Real Madrid è pronta per lo scudetto o si accontenterà di qualificarsi alla Champions?
«Oltre alle idee, adesso l’Atalanta ha i soldi arrivati dai successi nelle coppe. Lo si è visto dalla rapidità con cui ha preso Retegui dal Genoa e Brescianini dal Frosinone. Credo debba convincersi di essere pronta per il vertice, senza disperdere troppe energie nelle varie competizioni».
Quante chance dai alla Roma di Daniele De Rossi, Soulé e Dybala?
«Difficile che Dybala rimanga, troppo alto quell’ingaggio per 20 partite l’anno. Con Tiago Pinto, la Roma si era affidata al carisma di José Mourinho, salvo poi allontanarlo dicendo che la squadra era da Champions. Ora, però, la stanno smantellando... Il nuovo direttore sportivo, Florent Ghisolfi, dimostra di avere buone idee. Ha preso Dobvyk, il capocannoniere del campionato spagnolo, Soulé dalla Juventus e Le Fèe dal Rennes.
Sono contento per De Rossi perché si sta attrezzando una squadra all’altezza delle ambizioni che merita».
Perché nella formazione titolare del Milan rischiano di non esserci italiani?
«Non ci vedo una filosofia, ma affari più convenienti. Quando i giovani italiani di Milan Futuro saranno pronti giocheranno».
La prestazione della Nazionale agli Europei ha evidenziato una grave carenza di talenti, per esempio a confronto con la Spagna: cosa deve cambiare nel nostro calcio?
«Dobbiamo fare due ragionamenti. Il primo riguarda la Federazione e la gestione delle scuole calcio sul territorio nazionale. In Germania ci sono 400 centri federali che vanno alla ricerca capillare dei ragazzini migliori. Da noi il reclutamento è approssimativo e l’accesso al calcio selettivo. Non tutte le famiglie possono permettersi 500/600 euro l’anno per iscrizione, scarpe, divise e allenamenti tre volte la settimana… Né si può accollare tutto alle società, che sono soggetti privati. La Federazione come spende i suoi fondi? Se non interviene a questo livello, molti talenti, magari figli di immigrati, resteranno a giocare nel cortiletto».
Il secondo ragionamento?
«Riguarda la Nazionale. Spagna a parte, nettamente più forte, abbiamo giocato male con tutti e siamo stati dominati dalla Svizzera che, certamente, non ha un calcio migliore del nostro. Premettendo che Luciano Spalletti è un grande allenatore, qualcosa non ha funzionato tra lui e la squadra, o sul piano umano o sul piano delle indicazioni tattiche.
Non è che ci ha eliminato il Brasile».
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Poteva essere il momento giusto anche per le dimissioni del presidente della Figc?
Come prevedi andranno le elezioni del 4 novembre?
«Se si fosse dimesso subito dopo Mancini sarebbe sembrata una fuga di massa. Mi pare che, in quel contesto, Gravina si sia mosso bene, sorpreso dalla scelta egoistica dell’ex ct. Però, dopo il fallimento di questi Europei, che segue le due mancate qualificazioni mondiali, sì: dovrebbe trarne le conseguenze. Credo sia questione di tempo. Non sarà facile trovare l’alternativa».
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Che cosa vuol dire che Massimiliano Allegri, Stefano Pioli e Maurizio Sarri sono ai box?
«È un discorso generazionale ed economico. Molti presidenti cercano allenatori giovani e meno costosi. Una volta il vecchio guru era più ricercato. Ma non si può mai dire, magari domani Allegri trova un grosso club all’estero… Poi c’è un rinnovamento in atto, portato da tecnici inclini a sperimentare. Spesso si dimentica che il calcio dovrebbe essere uno spettacolo, altrimenti il telespettatore guarda gli highlights perché l’intera partita annoia».
Un nome rivelazione di questa stagione?
«Per ora direi Soulé: in una grande può fare il salto di qualità definitivo».
SANDRO PICCININI LUISA CORNA E SANDRO PICCININI alba maiolini sandro piccinini giancarlo dotto e giuseppe di piazza sandro piccinini SANDRO PICCININI