Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport - Estratti
Perché proprio Di Gennaro? Perché Antonio è stato un fior di centrocampista; perché quarant’anni fa vinse lo scudetto col Verona, che è un po’ come battere Sinner con una Maxima di legno; perché è stato la seconda voce Rai della Nazionale per sei anni; perché ieri ha preso il treno alle 6 del mattino da Bari, dove vive, per raggiungere La Spezia, dove ha commentato l’amichevole della Under 21 con l’Ucraina e con lo stesso numero di ore (di volo) sarebbe potuto arrivare tranquillamente in Sudafrica;
perché ha sempre trasmesso misura, competenza, educazione; perché non indosserà mai e poi mai un “costume adanitico” e soprattutto perché lunedì mattina, nel corso di un talk a Radio Kiss Kiss, ha mostrato il lato mister Hyde: irruente e verbalmente indisciplinato al punto da riuscire a sopraffare perfino Beppe Bruscolotti. Edward Hyde Di Gennaro ha iniziato così: «Basta, non è possibile ascoltare o leggere certe cose, detesto gli integralismi: o la vedi come loro oppure sei ottuso, antico, superato.
Non esiste un solo modo di fare calcio, il calcio ha tante sfaccettature. Se vuoi semplifico il pensiero col rischio di banalizzarlo: il calcio è saper attaccare quando hai la palla e sapersi difendere quando ce l’hanno gli altri. Non ci piove.
Trovo insopportabili certe mancanze di rispetto nei confronti di allenatori che hanno fatto la storia vincendo titoli e giocando spesso bene, gente ancora oggi in prima linea. Il calcio si è evoluto, ma non è detto che se uno non costruisce dal basso, o si abbassa tanto quando viene attaccato, debba essere considerato finito».
L’offesa più grave che si può recare a un allenatore è dargli del difensivista.
«L’altro giorno l’Arsenal ha costretto l’Inter ad abbassarsi per un tempo, vogliamo dare del difensivista anche a Inzaghi? La sua squadra è una delle poche che tentano di imporre continuamente il gioco...».
In radio ti ho sentito difendere con sorprendente energia la figura di Mourinho
«È stato la Roma, tutta la Roma, per due anni e mezzo. Ha vinto una coppa, un’altra gliel’hanno rubata, ha portato i giocatori più importanti: Dybala, Matic, Lukaku. E a ogni partita c’erano 70mila tifosi all’Olimpico. L’Inter dell’indimenticabile triplete è la sua, non di altri, le ho visto fare partite esaltanti. Col Real vinse con la miglior difesa e il miglior attacco. E poi uno che a sessant’anni, con 40 gradi all’ombra, va a vedere la Primavera merita tutta l’attenzione e il rispetto possibili. Perché ha ancora il fuoco dentro.
Non sei tra i promotori della costruzione dal basso. E allora sei un matusalemme.
«Non può essere sistematica e la puoi fare, può portare vantaggi, solo se hai i giocatori adatti, con qualità nei piedi e nella testa. Altrimenti sono solo guai e svantaggi. Vedi, uno dei maggiori difetti di questo calcio è la condanna all’emulazione».
Sei stato molto duro e diretto con Vlahovic quando ha dichiarato di gradire la presenza di un’altra punta.
«Vuole andar via a gennaio? Vada, ma non dica certe cose. Prima era Allegri a essere penalizzante, o almeno questo ci veniva raccontato, ora non va bene nemmeno Motta. Si trovi un allenatore ad hoc.
Forse Vlahovic non è il fenomeno che pensavamo fosse. E poi non mi piace che in nazionale, liberi dai condizionamenti societari, alcuni tirino le bombe. Alla Fiorentina, con Prandelli, lui giocava da unica punta eppure segnava con continuità. Qualcuno sostiene che a Firenze, non avendo esterni con piedi invertiti, ricevesse palloni più puliti, mi sembra una sciocchezza. Thuram ora è meglio di Vlahovic».
ZOFF
Da fanpage.it
Lele Adani sicuramente non lascia indifferenti nel suo modo sopra le righe di raccontare il calcio, e questo probabilmente era l'obiettivo che il 50enne ex difensore si era prefisso quando ha intrapreso la sua seconda carriera da opinionista dopo aver appeso gli scarpini al chiodo. Una carriera che da Sky lo ha portato – dalla scorsa estate al posto di Antonio Di Gennaro – a commentare le partite dell'Italia sulla rete ammiraglia della RAI, come spalla tecnica di Alberto Rimedio.
Intanto Adani continua le sue chiacchiere con Cassano e Ventola a ‘Viva el Futbol', con uno stile appena più scanzonato di quello che utilizza in TV. Lele divide, anzi spacca, tra chi ama questo modo non ingessato di narrare il calcio e chi lo reputa troppo urlato ed autoreferenziale. Tra questi ultimi c'è il mito Dino Zoff, che non potrebbe essere più diverso da Adani e non usa giri di parole quando gli si chiede delle telecronache dell'emiliano: "L'urlo lo dovrebbe fare un tifoso allo stadio e non chi racconta le partite in TV".
"Io provengo da un'altra era geologica e le mie partite sono state raccontate dapprima da Niccolò Carosio, poi da Martellini e infine dal mio amico Bruno Pizzul – argomenta l'82enne ex campione del mondo di Spagna '82, che ha fatto dell'essere di poche parole un tratto personale distintivo – Diciamo che erano altri stili di narrazione e fermiamoci qui. Non posso essere in linea con quello che ascolto in certi momenti. Ma, ripeto, io sono anziano per tutte le novità che vengono proposte oggi, è la legge della vita. Questo è il mondo dei giovani ma certi valori restano sacri, per me. Il primo è quello dell'educazione e della serietà. Siamo negli anni dell'adanismo? Siamo nelle stagioni di quella che definirei un'inflazione eccessiva delle parole che trova conferma anche nei racconti calcistici televisivi".
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Zoff è onesto nel premettere che le sue considerazioni sulle telecronache di oggi sono figlie in primis del suo appartenere ad un'epoca molto diversa da quella attuale, ma le sue parole nell'intervista a Libero restano scolpite nella pietra: "Certe telecronache di oggi sono la vetrina dell'esasperazione mediatica e di un certo tipo di linguaggio. Certe espressioni tenorili possono sembrare esagerate, ma quello che non capisco sono i toni accesi in partite che non sono certo finali mondiali o europee per le quali la posta in palio è altissima".
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