Marco Calabresi per corriere.it - Estratti
Jannik Sinner e Marco Bortolotti, numero 87 del mondo in doppio, si conoscono, e da martedì pomeriggio i loro nomi vengono continuamente scritti uno accanto all’altro.
Perché se l’eco mediatica del caso Sinner è stata mondiale, a febbraio l’Itia ha assolto anche Bortolotti che era risultato positivo al Clostebol dopo un controllo antidoping effettuato a ottobre in Portogallo.
Una sola differenza: non c’è stata udienza, con l’accusa che ha accolto la difesa del legale di Bortolotti (l’avvocato Alberto Amadio) perché compatibile con i dati del laboratorio di Montreal dove era stato trasferito il campione. Ma il periodo difficile, come quello che ha vissuto Sinner, resta.
JANNIK sinner VINCE IL TORNEO MASTERS 1000 DI CINCINNATI
Che effetto le fa essere nominato così tante volte in queste ore?
«So benissimo di cosa si sta parlando. Si parla della stessa sostanza, della stessa pomata (il Trofodermin, ndr). Vivo il presente, ho messo alle spalle questa storia e sono contento di come sia finita. Ma non è stato semplice...».
Cosa le è passato per la testa tra la notifica della positività e l’assoluzione?
«Tante cose. Ho avuto paura, molta paura, anche perché i giorni più duri sono stati quelli del mese di gennaio, quando la stagione è ancora all’inizio. Ho giocato l’ultimo torneo del 2023 (il Challenger di Maia, in Portogallo, in coppia con Andrea Vavassori, ndr) sapendo questa cosa, e l’ho giocato temendo che ogni partita potesse essere l’ultima.
Neanche Andrea ne era al corrente, siamo riusciti a vincere il torneo ma la notte dormivo poco e niente, leggevo del caso Battaglino (altro tennista italiano positivo al Clostebol e squalificato per quattro anni, ndr) e guardavo anche con paura al fatto che la mia figura di futuro allenatore potesse essere macchiata».
Perché nella sentenza il paragrafo con la spiegazione su come la sostanza è entrata nel suo organismo è reso illeggibile?
JANNIK sinner VINCE IL TORNEO MASTERS 1000 DI CINCINNATI
«Motivi di privacy».
Si è immedesimato in Sinner?
«Certamente. Ora anche per lui il peggio è passato, sperando che la Wada non impugni il caso. Ma il tormento maggiore è stato quello di non poter parlare quasi con nessuno della vicenda, tenendosi tutto dentro. Nel mio caso, non mi sono potuto confidare con più di cinque o sei persone tra famiglia, amici e avvocato, e credetemi che è dura. Jannik ha gestito al meglio questa vicenda: ha una maturità tale che non c’è nulla da consigliargli. Di sicuro siamo tutti totalmente dalla sua parte, anche perché in un caso come questo non si può usare la parola doping».
E neanche nel suo.
«Mi informai con un mio amico biologo sulle proprietà del Clostebol, con cui sono entrato in contatto accidentalmente. Mi rispose testualmente: ‘Se ti dopi con il Clostebol sei un imbecille’. Se parlassimo di altri farmaci il discorso sarebbe diverso, ma questa è una pomata per le ferite».
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