Giulia Zonca per “la Stampa” - Estratti
Almeno una banalità la possiamo togliere dal panorama delle prossime Olimpiadi, non si può sostenere che saranno le più pulite di sempre, ma non è più vero che chi bara sta un passo avanti a chi controlla. Olivier Niggli è il direttore generale della Wada, l'agenzia mondiale antidoping, dal 2016 e senza fare proclami impossibili, definisce lo sport «un mondo finalmente diverso».
Perché stavolta i ladri non sarebbero in anticipo sulle guardie?
«Ormai i controlli sul posto sono una piccola parte del lavoro, abbiamo un tracciamento storico dei test, il passaporto biologico, un lavoro investigativo capillare. Usiamo l'intelligenza artificiale, operiamo in collaborazione con l'industria farmacologica».
L'intelligenza artificiale?
«Sì, colleziona e archivia un monte di dati che diventano tracciati di comportamenti, allarmi che si accendono ben prima di una positività. Ci si muove per fermare i dopati senza lasciarli arrivare ai Giochi. I truffatori restano, però il contesto è ben diverso, anche solo rispetto a Tokyo, nel 2021. Sappiamo di avere una missione e ne sono consapevoli le federazioni e i comitati olimpici: lo sport è l'unica cosa rimasta a unire le persone e anche la sola realtà che ha scelto di avere una legge uguale per tutti».
I controlli però non sono gli stessi ovunque.
«Ci sono ancora differenze, sì, noi possiamo solo ampliare la task force e rendere più stretto il rapporto con ogni federazione. Iniziano a capire che la credibilità internazionale dipende dall'adesione all'antidoping. Ci sono programmi di educazione sul tema, monitoraggi specifici. Dichiarare un Paese non affidabile è l'ultima risorsa e succede sempre meno, di solito quando riscontriamo chiusure politiche».
(...)
Parla di Schwazer. Perché nonostante i tanti gradi di giudizio questo caso resta ambiguo per l'opinione pubblica?
«Questione di pubbliche relazioni, non di processi. Lo sport ha chiuso il suo caso da parecchio: è arrivato in appello fino al tribunale di Ginevra, ultimo grado possibile, per chiedere una riduzione della pena e ha perso. La teoria della cospirazione internazionale contro di lui non è mai stata provata, ma continuamente e costosamente alimentata».
Intende da Schwazer e dal suo allenatore Donati?
«Da soli non avrebbero avuto i mezzi, ma io non mi metto a speculare su chi aveva interesse a spendere tanti soldi per far circolare delle bugie. Ogni prova scientifica porta alla stessa conclusione. Purtroppo, è difficile semplificare certe questioni legate al doping, più facile agitare dicerie».
Si possono chiarire singoli elementi. Donati sostiene che lei ha un problema personale con lui.
«Conosco Donati da 20 anni. Credo che fosse genuinamente motivato a combattere il doping. Ho parlato con lui quando ha deciso di allenare Schwazer, ci siamo incontrati a Milano. Poi Schwazer è stato trovato positivo per la seconda volta, sotto la sua tutela, e temo che Donati abbia preferito aggrapparsi alla teoria del complotto piuttosto che accettare di essere stato tradito».
Schwazer e il suo tecnico sostengono di aver fornito informazioni sui russi e di essere stati puniti anche per questo.
«Leggenda, non hanno portato alcuna informazione riguardo a quello che viene definito fascicolo McLaren. Vorrei sapere come Schwazer o il suo entourage abbiano avuto la lista dei nomi poi diffusa dell'hacker sui giornali britannici».
La Russia oggi è sportivamente credibile?
«In questo contesto geopolitico non è facile avere informazioni. Si portano dietro un passato pesante e lo scandalo Sochi si farà sentire a lungo, una generazione di atleti ha smesso di gareggiare quando lo schema organizzato è stato smascherato. L'agenzia antidoping russa è tuttora sospesa, noi ci occupiamo dei test che sono analizzati fuori dalla Russia. E gli atleti approvati come neutrali, stato obbligatorio per le grandi competizioni, sono pochissimi».
Valieva, la pattinatrice russa, è stata l'ultimo caso globale. Una minorenne che compete allo stesso livello degli altri può essere giudicata diversamente?
«No. Ed è stato dimostrato, lei ha beneficiato di una regola sui minori riguardo alla tempistica, è rimasta in gara, il giudizio però non è cambiato, è stata squalificata e quella storiella assurda sui medicinali del nonno finiti nella torta è stata demolita». I controlli sugli sport di squadra sono frequenti quanto quelli degli sport individuali.
Il calcio è affidabile?
«Non si possono considerare tutti gli sport nello stesso modo, sarebbe sbagliato. Per ogni disciplina ci sono procedure specifiche basate su criteri di rischio. Uno sport di resistenza ne ha di più del calcio che pure, come dimostra il caso Pogba, non è immune al doping. Abbiamo strategie mirate».
alex schwazer pechino 2008 foto mezzelani gmt 25 alex schwazer pechino 2008 foto mezzelani gmt 14 SCHWAZER DONATI alex schwazer pechino 2008 foto mezzelani gmt 17