“URGONO RICERCHE SUI TROPPI CASI DI SLA NEL CALCIO” – DOPO LE DENUNCE E I TIMORI DI EX CALCIATORI SULLE SOSTANZE ASSUNTE NEGLI ANNI ’80 E ’90 PARLA IL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA MEDICI DEL CALCIO, ENRICO CASTELLACCI: “LA RIFLESSIONE SULLA SLA RIPORTA ALLA MENTE ANCHE QUELLO CHE È VALSO PER IL FOOTBALL AMERICANO E I TRAUMI CRANICI. GLI STUDI HANNO PROVATO CHE CONTINUE COMMOZIONI CEREBRALI POSSONO PORTARE A UN’ALTERAZIONE NEURODEGENERATIVA”

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Estratto da open.online

enrico castellacci enrico castellacci

Enrico Castellacci, specializzato in Medicina dello Sport e in Ortopedia e Traumatologia, presidente dell’Associazione Italiana Medici del Calcio, docente presso l’Università Foro Italico di Roma, è stato medico sportivo della Lucchese, dell’Empoli e ancora della Juventus, nonché parte della spedizione della Nazionale di Marcello Lippi, in un 2006 che consacrò gli azzurri campioni del mondo.

 

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A proposito di abuso, Boranga e gli altri hanno raccontato di un sovradosaggio molto frequente a cui si usava ricorrere per avere maggiore resistenza e concentrazione. Che medicina sportiva era quella degli anni ’80 e ’90?

«Una medicina dello sport molto diversa da quella di adesso, mi permetta di dire anche a livello culturale. La classe medica è totalmente cambiata. Prima i medici delle squadre erano certamente di professione ma spesso erano anche amici di presidenti e frutto di conoscenze varie.

 

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Tra i nomi di farmaci più citati c’è quello del Micoren. Che idea si è fatto sul possibile collegamento con i tumori?

«La questione del Micoren ha sempre fatto impressione: non è facile venire a sapere che uno dei farmaci che hai usato di più da quel momento è considerato sostanza dopante. Da medico posso dire che ho forti dubbi sul fatto che dosi relative di Micoren possano aver avuto un reale effetto nocivo. Il sovradosaggio è un altro discorso e non si può escludere che ci sia stato. Ma soprattutto sul collegamento con i tumori io andrei molto cauto.

 

Rispetto alla Sla, per esempio, c’è molta meno evidenza sul piano oncologico. Questo però non vuol dire che la riflessione non debba essere fatta. Ho apprezzato quello che hanno detto Boranga, Tardelli e gli altri. Hanno posto delle riflessioni essenziali a livello medico: la ricerca oggi ha il dovere di approfondire».

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Se arrivassero domani dei fondi per la ricerca sul collegamento tra doping e malattie nel calcio, cosa sarebbe più urgente verificare?

«Sul piano delle priorità direi senza dubbio la questione Sla. Con una percentuale di incidenza molto più allarmante tra gli atleti rispetto ai tumori, che invece non presentano nei giocatori una percentuale di presenza maggiore. Per la Sla sì ed è dimostrato. La riflessione urgente quindi dovrebbe essere fatta sulla frequenza molto più alta di questa malattia neurodegenerativa tra gli ex calciatori. Un’esigenza che riporta alla mente anche quello che è valso per il football americano e i traumi cranici: gli studi hanno provato che continue commozioni cerebrali potevano portare a un’alterazione neurodegenerativa. Dobbiamo anche noi andare in questa direzione e approfondire come non è ancora stato mai fatto».

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Sulla Sla l’abuso di antinfiammatori sembra essere una delle ipotesi di collegamento più accreditate.

«È una possibilità. Ma l’abuso di antinfiammatori fa male a qualunque persona, qualsiasi professione faccia. È ancora troppo poco quello che sappiamo. Credo si abbia il dovere di andare avanti».

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