‘'JOSE' MOURINHO, UN SECONDO PADRE'’ – ECCO COSA SCRIVEVA L’EX CAPITANO DELL’INTER JAVIER ZANETTI SULLO "SPECIAL ONE" NEL SUO LIBRO: "CI SENTIVAMO OGNI GIORNO COME SE DALLE NOSTRE PROSSIME MOSSE DIPENDESSE L'ESITO DI UNA GUERRA" – "VUOLE OTTENERE LA FIDUCIA DEI SUOI UOMINI. ECCO SPIEGATI I SUOI COMPORTAMENTI PROTETTIVI E DURI. L'ALTERNANZA DI BASTONE E CAROTA" – I SUOI SETTE COMANDAMENTI…

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Estratto dal libro "Vincere ma non solo", scritto da Javier Zanetti, edito da Mondadori, pubblicato da "la Repubblica"

 

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Il primo obiettivo di ogni grande allenatore è: rappresentare un modello. Da questo punto di vista io ho avuto modo di lavorare con il tecnico che considero il migliore di tutti, che è José Mourinho.

 

Un maestro. Il carisma, la leadership sono caratteristiche che alcune persone hanno innate, e lui ne ha da vendere: in più, ha anche studiato. In pochi lo sanno ma dietro i risultati ottenuti da Mourinho in carriera ci sono anni di studio all' Istituto superiore di educazione fisica di Lisbona, il posto in cui ha conosciuto Manuel Sergio, un importante filosofo portoghese che negli anni è diventato il suo mentore.

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Una cosa che mi ha sempre colpito è sentire parlare i calciatori che via via hanno lavorato con Mou. Ne parlano come di un " secondo padre": che poi è esattamente il suo obiettivo. Mou si "traveste" da secondo padre per ottenere la fiducia dei suoi uomini. Ed ecco spiegati i suoi comportamenti insieme protettivi e duri. La sua alternanza di carota e bastone.

 

I suoi metodi li avevo visti all' opera in diretta, avevo assistito alla magia di questo signore che un giorno d' estate era entrato nelle nostre vite, nel nostro spogliatoio, e ci aveva rapito tutti. Dopo un paio di mesi avrebbe potuto chiederci qualsiasi cosa. L' avremmo fatta.

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Tornando a Mourinho, ricordo perfettamente come, una volta impossessatosi delle chiavi delle nostre teste, fosse capace di farci vivere in uno stato di mobilitazione permanente. Ci sentivamo ogni giorno come se dalle nostre prossime mosse dipendesse l' esito di una guerra. Anche perché lui stesso dava il massimo.

 

In una delle sue biografie non autorizzate, un giornalista ha classificato i sette comandamenti di Mourinho per vincere una partita.

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Li riporto qui, per pura curiosità, ma premetto che non so se sono veri e che per me non sono comunque il punto chiave della questione: la partita la vince chi fa meno errori, il calcio favorisce la squadra che induce l' avversario a commettere più errori, fuori casa invece di provare a essere superiori agli avversari è meglio cercare di farli sbagliare, chiunque abbia la palla rischia di commettere errori, rinunciare ad avere il pallone tra i piedi significa rischiare meno di commettere errori, chiunque abbia la palla, oltre alla palla stessa ha anche paura, perciò chi non ha la palla è più forte.

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Ho premesso che non so (e non credo) se questo prontuario sia autentico. È vero però che, rispetto ad altri allenatori, Mou non è ossessionato tanto dal controllo del pallone quanto dal controllo della partita e della propria lucidità. Quello a cui lui punta, in ultima analisi, è a far sì che in qualunque momento della partita si trovi, il calciatore, e l'uomo che c' è in lui, sia sempre vigile, motivato e preparato. E se tu non sei mentalmente pronto, lucido, reattivo, rimani sotto le macerie.

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