È morto il mito del calcio italiano Gigi Riva. Aveva 79 anni, nessuno ha segnato tanto come lui con la maglia della nazionale. Leggendario lo scudetto con il Cagliari nel 1970
GIGI RIVA
L’articolo scritto da Giampiero Mughini per Dagospia il 28/06/2023
Caro Dago, da quando ho saputo che alla sera di ieri Sky Cinema Due avrebbe trasmesso una sorta di documentario su Gigi Riva e sulla sua epopea calcistica ("Nel nostro cielo un rombo di tuono", diretto da Riccardo Milani e prodotto da Wildside, ndR) ho contato i minuti che mi separavano dalle 22,30, l'ora in cui il documentario è stato messo in onda. Come calciatore, come uomo, come personaggio Riva è impari a qualsiasi altro.
Chi negli anni Sessanta lo ha visto calciare di sinistro il pallone ne è rimasto suggellato per sempre. Ha ancora il titolo di capocannoniere della nazionale italiana, dove mi pare abbia segnato 35 gol. Lo marcavano ogni volta in due o tre ma lui sfondava lo stesso.
Li puntava per poi sterzare bruscamente verso sinistra e saettare in porta. Era alto 1,80, un niente rispetto alle torri che oggi svettano di testa sui campi di calcio, ma i suoi colpi di testa erano micidiali. Aveva con il gol un rapporto che sapeva di prestidigitazione, il fatto è che comunque la metteva dentro.
Per me indimenticabile resta il suo volo a mezz'aria a fino a colpire di testa la palla di un 3-0 contro la Jugoslavia. Tra le immagini trasmesse ieri sera da Sky c'è un altro suo volo sino sforbiciare di sinistro una palla all'incrocio dei pali.
gigi riva doc nel nostro cielo un rombo di tuono
Tutto intero il suo Cagliari - da Boninsegna a Domenghini a Cera a Albertosi - era formidabile, ma lui era un di più e difatti sul mercato lui valeva più del Cagliari come società. Gianni Agnelli fece i salti mortali pur di averlo nella Juve, ma Gigi non mollò la Sardegna. C'era di mezzo una donna che viveva a Cagliari e dalla quale lui non voleva allontanarsi. E del resto quando mai nella sorte di un uomo non c'è di mezzo una donna, talvolta a fargli del bene e talvolta a straziarlo e ammesso che le due cose siano nettamente separate.
Per i sardi i due personaggi più importanti del Novecento sono stati lui e Emilio Lussu, l'eroe della Prima guerra mondiale e scrittore meraviglioso. Se aggiungi che il mister del Cagliari del tempo è stato Manlio Scopigno, uno degli uomini più intelligenti del moderno calcio italiano, capisci che siamo non alle soglie e bensì ben dentro il reame della letteratura.
Non che fossero meno impressionanti le immagini che contraddistinguono il Riva di oggi e la sua. L'immagine di lui muto mentre se ne sta seduto su una poltrona di casa sua e fuma, non lo vedi mai senza una sigaretta in bocca. Pare che esca di casa raramente e di mala voglia. Il peso del vivere gli è divenuto pressoché insopportabile, a giudicare dal suo sguardo, dalle sue labbra contratte.
Una volta che sono stato a Cagliari mi hanno indicato il ristorante dove Gigi ha un tavolo perennemente a sua disposizione e dove lui va a sedersi da solo. Con le spalle rivolte al resto della sala, mi hanno raccontato. Non so se sia vero, credibile lo è senz'altro.
E' come se il trascorrere degli anni abbia fatto gol a quest'uomo che era di una bellezza maschile strabocchevole, che è stato osannato da tutti coloro che amano il calcio, il cui valore di mercato era a quei tempi inaudito. Succede.
E l'ultima immagine del documentario è un Gigi Riva in piedi immediatamente vicino al mare, lo sguardo fisso in un tentativo disperato di sorridere senza riuscirci davvero. (...)
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