Alessandro Bocci per il “Corriere della Sera”
Il rischio ora è farsi travolgere dall' amore di una città che aspetta lo scudetto da ventotto anni ed è capace di slanci da togliere il fiato e far girare la testa. Napoli mille colori e una sola grande passione.
Per questo Sarri, nella notte dell'impresa, dopo aver abbracciato i suoi giocatori uno per uno e averli ringraziati per la determinazione e lo spirito di abnegazione messi in campo allo Stadium, si è rifugiato nel suo piccolo mondo antico alla ricerca di normalità. Più che dalla Fiorentina, la prima delle quattro montagne da scalare sulla strada dello scudetto, il pericolo viene dall'euforia che scalda la città di Pulcinella e dalla consapevolezza che adesso tutto è possibile.
il dito medio di sarri verso alcuni contestatori
«Non ho sensazioni particolari e non penso allo scudetto. La Juve è padrona del suo destino. I favoriti sono loro, stiamo combattendo contro una squadra e una società che hanno un potere tecnico, tattico e economico straordinario. Noi, per adesso, siamo contenti di dove siamo arrivati». Il minimalismo di Sarri è una strategia ben precisa e alla fine l'allenatore lo ammette quasi a mezza voce e con un piccolo sorriso: «Se venite a Napoli con noi capirete perché parlo così».
La città è una polveriera, pronta a esplodere di gioia. In ventimila hanno atteso la squadra all'aeroporto di Capodichino alle tre del mattino e soltanto alle cinque gli azzurri sono potuti andare a dormire (dormire?). L'uomo in tuta fuori dagli schemi prova a normalizzare la settimana più lunga, riportando le cose dentro ai giusti binari.
il cardinale sarri e il sangue di san gennaro
«Allenamenti duri e qualche rimprovero in più», la ricetta del maestro di Figline. Proteggere la squadra a ogni costo «cercando equilibrio dentro una città dove l'equilibrio non esiste», racconta. Sarà questa la sua missione verso Firenze dove, da allenatore del Napoli, ha pareggiato due volte su due. Sarri sembra quasi chiedere aiuto alla sua gente, troppo emotiva e troppo felice per stargli dietro. «Napoli è un popolo e noi a questo popolo abbiamo regalato una domenica memorabile. Però non abbiamo fatto niente. Una singola partita cambia poco».
In realtà cambia moltissimo, a patto di non sbagliare l' ultimo mese di folle rincorsa e di gestire bene le energie mentali e fisiche. La capocciata di Koulibaly, all' ultimo respiro dello scontro diretto, promette di regalare benzina a una squadra con il serbatoio in riserva.
La pressione però adesso rischia di cadere sulle spalle del Napoli: saranno sufficientemente larghe per resistere? C' è da capire se il gruppo è pronto a un finale così, di fuoco. I giocatori rischiano di lasciarsi condizionare dall' euforia. L' ironia di Insigne punge i rivali, ma può scatenare la loro reazione. «Hanno perso una finale, ci sono abituati». Di sicuro la sfida è lanciata.
E c'è da capire, in questo ultimo mese delirante, quale sarà il futuro del profeta Sarri. Nella notte più bella le sue parole suonano come una promessa di divorzio. «Il risultato di oggi non condizionerà le mie decisioni domani. Farò un'analisi su me stesso. Resterò soltanto se mi sentirò di poter dare il centodieci per cento. Allenare qui è stancante, servono motivazioni profonde per poter regalare soddisfazioni alla nostra gente. Se non me la sentissi, preferirei mollare. E quando smetterò e mi chiederanno quali squadre ho allenato, risponderò sempre il Napoli».
Sembra un saluto. Anche se bisognerà fare i conti con De Laurentiis e un contratto lungo sino al 2020 con una clausola rescissoria di otto milioni da esercitare entro il 30 maggio. Tutto è in ballo, scudetto e futuro. Napoli è al centro del mondo. Come quando c'era Maradona. E già questa è una grande vittoria.