Marco Pasotto per gazzetta.it
I migliori auspici si sono trasformati nel peggiore degli scenari. Dopo due decisi passi avanti – Verona, United -, pieni di cose belle e di un futuro a tinte rosa, per il Milan ecco la doccia fredda: il Napoli sbanca San Siro 1-0 con un gol di Politano ed è un k.o. che pesa tre volte. Perché permette all’Inter di volare via a +9, perché serve un pasto completo a una diretta avversaria per la Champions e perché offusca le certezze maturate nelle uscite precedenti.
Il Meazza si conferma ancora una volta poco amico del Diavolo: quattro sconfitte casalinghe nelle ultime sette apparizioni in campionato. Uno stadio, anzi il “suo” stadio, che Gattuso viola. Felice per aver dato una prova di forza in una situazione molto complicata in termini personali (intanto ora sono 10 punti in quattro gare), ma forse un po’ meno felice per aver dato un brutto ceffone al suo passato più luminoso. Il Napoli non vinceva in trasferta dal 10 e questo successo ha un effetto dirompente sulla lotta per la Champions. Ora, escludendo l’Inter, ci sono cinque squadre in sei punti per tre posti. Sarà bagarre fino alla fine del campionato.
LE SCELTE
L’infermeria ha restituito a Pioli tre giocatori in un colpo solo – Hernandez, Calhanoglu e Rebic -, ma ne ha perso per strada un altro, ovvero Calabria. Quindi: Dalot a destra e Tomori, diventato una garanzia in poche partite, al posto di Romagnoli, ancora infortunato.
In mezzo c’è comunque stata una novità, ovvero il ritorno di Gabbia (mancava dal 13 dicembre, giorno dell’infortunio al ginocchio), agevolato dalle condizioni non ottimali di Kjaer, risparmiato in vista del ritorno con lo United. Una difesa totalmente inedita. In mediana si è rivisto dall’inizio Tonali, sulla trequarti Castillejo, Calhanoglu al rientro e Krunic preferito a Rebic. Davanti, come ormai di consueto, Leao. Anche Gattuso se l’è dovuta vedere con svariati problemi, costretto a partire per Milano senza Lozano, Rrahmani e Manolas.
In pratica difesa quasi obbligata con Maksimovic accanto a Koulibaly, e Hysaj e Di Lorenzo (l’alternativa al centro avrebbe potuto essere lui) esterni. Mediana e trequarti sono state quelle attese e il grande ballottaggio della settimana per la maglia da centravanti l’ha portato a casa Mertens, con Osimhen pronto a subentrare. Una staffetta obbligata, dal momento che entrambi non hanno ancora i 90 nelle gambe.
DIFFERENZE IN FASCIA— Il primo tempo non ha offerto uno spettacolo indimenticabile. Squadre molto attente a restare corte il più possibile e, dopo una decina di minuti nella terra di mezzo, l’inerzia si è spostata dalla parte del Napoli. Migliore nel palleggio, nella tecnica e nella precisione rispetto al Milan, ma troppo fumoso al momento di concludere o dell’ultimo passaggio.
Ai punti, comunque, meglio gli azzurri, soprattutto per una maggiore efficacia in fascia. Insigne ha puntato spesso Dalot e Hysaj in particolare ha martellato parecchio sulla sponda sinistra, costringendo Castillejo alla massima prudenza, un po’ troppo basso rispetto alle sue abitudini. Più equilibrata la sfida sull’altra corsia perché Hernandez con i suoi strappi non ha permesso a Politano una pressione costante. Il migliore pregio del Napoli è stato l’autorevolezza con cui si è impossessato del match, quello del Milan l’umiltà di accettare la superiorità tecnica avversaria senza scomporsi e senza spaventarsi, e chiudendo comunque abbastanza bene gli spazi.
L’occasione più limpida è finita sul sinistro di Zielinski, imbeccato da Insigne, ma si è spenta fuori. Il 20 azzurro, servito in corsa e senza fastidi in marcatura, avrebbe potuto fare decisamente meglio. Il resto sono stati sprazzi: Hernandez prima ha innescato Leao, murato da Ospina, e poi il destro a giro (alto) di Calhanoglu, ancora in evidente rodaggio così come Mertens, poco cercato e poco reattivo con la palla fra i piedi. Ancora Zielinski, neutralizzato da Donnarumma, e basta così per la prima frazione.
STANCHEZZA— Il Napoli è passato al quarto minuto della ripresa e il gol è coerente con quanto visto nei primi 45 perché è stato propiziato dagli errori del Milan, che ha sbagliato più volte nella stessa azione. Prima Dalot in uscita (brutto passaggio per Castillejo, anticipato da Hysaj), poi Kessie che ha bucato l’intervento e infine l’assetto difensivo, che ha permesso a Politano di presentarsi davanti a Donnarumma con Hernandez fuori posizione. Il destro dell’esterno azzurro non è stato assolutamente granché, un po’ strozzato, lento ma beffardo abbastanza da superare Donnarumma. Un Milan opaco, visibilmente stanco dopo l’intensità della sfida con lo United e poco incisivo in attacco.
Infatti Pioli al quarto d’ora ha cambiato in blocco la trequarti: dentro Saelemaekers, Diaz e Rebic, mentre Gattuso dall’altra parte toglieva di scena Mertens per Osimhen. La triplice novità ha dato i suoi effetti perché a quel punto la conduzione è diventata rossonera. Un Milan rigenerato in termini atletici, ma non ancora sufficientemente efficace in zona gol. Al 20’ l’occasione più limpida della sfida: cross perfetto di Rebic per Leao, che a due passi dalla porta ha colpito di piatto destro con estrema mollezza. Una mangiata colossale.
Poi ancora Rebic, che di testa ha esaltato i riflessi di Ospina. Proteste rossonere per un intervento in area di Bakayoko su Hernandez, che Pasqua ha rivisto al Var, valutandolo non falloso. Il Milan ci ha provato fino alla fine, ma usando più la pancia della testa. Che Rebic ha perso nel recupero: rosso diretto per frasi poco carine all’arbitro Pasqua. Una grande sciocchezza anche alla luce dell’uscita dal campo di Leao, pare per problemi muscolari.