Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
La Juve esce dal campionato in fondo a una delle sue migliori partite, non travolgente, ma insistente e sfortunata. L'Inter resta in corsa e questo forse basta. Ma è stata una partita triste la sua, di forte sofferenza e rassegnazione. Non ricordo un tiro in porta.
Ha segnato un gol su doppio rigore avventuroso, con una decisione corretta dei vari arbitri intervenuti, ma raramente applicata in campionato. Il risultato non è corretto, la Juve meritava molto di più, quanto meno il pareggio, ma questo è il tempo dei risultati, chi perde esce e chi vince va comunque avanti senza nemmeno avere il tempo di riflettere.
È così quasi una riscoperta l'Inter di adesso, comunque decisa, con Lautaro dentro i vecchi problemi, Dumfries e anche Perisic poco incisivi, con Calhanoglu e Barella mai davvero in partita, schermati da Locatelli/Zakaria e Rabiot, però dura, resistente.
Ha sofferto quasi soltanto la piccola furia di Cuadrado, poi qualche spunto di Dybala più raffinato che veemente, e un paio di situazioni create da Vlahovic, non decisivo ma sempre sveglio.
La Juve ha giocato con tre attaccanti più Cuadrado, a conferma che quando ha i giocatori anche Allegri li usa, ha corso molto e alzato molta polvere. Poteva ottenere di più, nel complesso ha dominato ma non con il piglio del conquistatore. C'è sempre stata una confusione finale.
Vlahovic non è ancora una guida, gioca meglio di Firenze, più da uomo, ma è uno dei tanti, non pesa sulle idee della squadra, il suo ingresso nel gioco è improvviso, poco studiato, poco cercato.
Come tutte le rimonte troppo grandi, nemmeno questa della Juve si è realizzata. Arriva sempre uno scalino rotto. E comunque è tardi per i retropensieri, ormai è più vicina la Roma che il Milan.
La Juve è diventata una squadra, si ricominciasse adesso sarebbe in linea, ma non è così, la stagione non c'è praticamente più. Non conta nemmeno che l'Inter sembri la terza delle tre di testa, per gioco e condizione fisica.
Non si arriva a maggio perfetti, la corsa adesso è pesante, contano solidità e fortuna. Questo successo a Torino non costerà una critica e rilancerà la voglia. Ma il Napoli gioca meglio anche senza Osimhen, Fabian Ruiz e Di Lorenzo, è superiore spontaneamente ai suoi avversari.
Il Milan forse è andato oltre le sue alternanze e soprattutto ha un buon calendario. Ha quasi tutto in mano. Se è da scudetto, lo vincerà. Ricominciando da stasera.
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