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Marco Ciriello per “il Mattino”
Due giostre per il pallone, lontanissime. Uno tutto azzardo, l'altro tutta previsione. Uno non ha mai fatto calcoli, l'altro fu il primo giocatore a farsi assicurare le gambe. Hanno fatto piovere gloria sui loro club e nazionali, stupito, esaltato, litigato, segnato. Poi sono diventati statue, categorie dello spirito e stadi. Diego Armando Maradona e Johan Cruijff, sinistro e destro (l'olandese usava anche il mancino, ma era l'esterno derecho il pezzo forte), Argentina e Olanda, ora rivivranno attraverso la sfida di Champions League: Ajax-Napoli.
Hanno in comune il Barcellona; squadra colonizzata da Cruijff, prima in campo poi dalla panchina infine dalla tribuna; e squadra ostile a Maradona, ma senza quella ostilità di città e dirigenza non ci sarebbe il Maradona di Napoli, quindi i catalani diventano come il Giuda di Jorge Luis Borges: senza quel tradimento non c'è Gesù Cristo. Il resto sono gol memorabili, dribbling che sono divenuti cinema negli occhi e nella testa delle persone, e vite da romanzo.
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Cruijff è un personaggio di Philip Roth, il migliore, che svetta e sa amministrare il suo genio, riesce persino ad avere la percentuale sugli incassi della sua squadra, come poi farà Jack Nicholson per l'interpretazione di Joker in Batman, un calciatore dominatore, tiranno in campo e democratico fuori, senza epica, solo classe su classe, in una continua ricerca dello stile Cruijff in modo da farne un marchio, poi un pensiero calcistico, infine una scelta di vita, con l'unico difetto delle sigarette, oltre quello del calcio, come raccontava in un celebre spot antifumo.
Maradona no, è hemingwayano, un continuo andare a caccia, contro corrente, saltando tra continenti, dove la parte esagerata col pallone si contende la scena con la parte esageratissima senza pallone, con l'epica che domina ogni gesto, respiro, gol, tutto un caricarsi addosso il peso del mondo, con una irrequietezza che è pari all'inafferrabilità calcistica. Niente di più diverso.
E non c'è nemmeno storia tra i due, uno troppo spinoziano, l'altro troppo nietzschiano. Due filosofie, due isole-pianeti e due squadre che tornano con i loro volti tatuati sulle storie dei club: che sembrano riflettere i caratteri dei loro dei. Cruijff è una discesa in verticale, un attraversamento in diagonale; Maradona è un labirinto.
Cruijff è una giravolta, Maradona mille, Cruijff è un kolossal, Maradona una serie di kolossal, oltre i miti di Hollywood, i due vivono di continuo dai muri alle maglie, dai ricordi alle rievocazioni, dai vuoti alle preghiere, dai libri ai film (ne hanno avuti di bellissimi, uno da Sandro Ciotti, l'altro da Emir Kusturica) si sono solo assentati dai campi, stanno un po' più in là dove il bere non si paga e il pallone non rimbalza.
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La loro lingua è il dribbling: una lingua declinata al singolare, che scava nei verbi di movimento, ne reinventa le forme e i tempi, e il risultato è oltre il montaggio di jzentejn: un continuo capovolgimento di spazi, con il pallone che diventa il mezzo di attraversamento della vita degli altri: dai difensori ai tifosi, per questo ora si sono allargati a portare i nomi di stadi. E la differenza di altezza a vantaggio di Cruijff, 13 centimetri contava moltissimo, perché variando il punto di vista, cambiavano anche le sovversioni di questo.
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Il loro saper stare in campo era un dinamismo da insoddisfazione: non si bastavano mai, l'olandese era critico con le sue prestazioni o poi dopo con quelle degli altri, sempre con la severità dei maestri, un Socrate del pallone, con amore solo per sé; l'argentino, che aveva dalla sua una ironia e una forza scanzonata si sminuiva fino alla demolirsi, attentando continuamente al suo genio, ma fuori dal campo, si uccideva per risorgere. È curioso che entrambi palleggiassero con le mele prima che col pallone, quindi due newtoniani.
Oggi che con le mele non palleggia più nessuno, mancano le illuminazioni newtoniane nel calcio. Maradona e Cruijff sono eroi fuoriusciti dal gioco, che creavano storia, non avevano bisogno di essere assist-iti ma assist-estavano compagni e tattiche. Cruijff è riuscito a declinarsi in decalogo, a farsi ascoltare come allenatore, Maradona no, ogni tentativo di smontarlo veniva rismontato. Ogni tanto salta fuori un erede di Cruijff che poi delude, per Maradona non ci sono eredi. Resta la loro capacità acrobatica di penetrare ovunque: dalle linee difensive alle esistenze.
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