Da ansa.it
Dopo quattro semifinali perse - tra mondiali ed europei - l'Inghilterra ha infranto un sortilegio lungo oltre mezzo secolo per raggiungere l'Italia nella finale di Euro 2020. Una redenzione personale per Gareth Southgate, colpevole del rigore decisivo che aveva decretato l'eliminazione dei Tre Leoni, nel campionato europeo nel 1996.
"Sono molto orgoglioso dei miei giocatori - le parole del Ct inglese - Sapevamo che non sarebbe stato facile, e così è stato. Dopo la larga vittoria sull'Ucraina avevo detto ai miei ragazzi che prima o poi avremmo dovuto dimostrare un po' di resilienza, magari dovendo rimontare il punteggio. Non ho mai dubitato della squadra, sentivo che ce l'avremmo fatta.
La Danimarca è sempre stata molto sottovalutata, la considero una grande squadra, e questo è un merito in più per i miei giocatori, molti dei quali hanno una limitata esperienza internazionale". Appuntamento a domenica 11 luglio per la finalissima di Wembley. "La cosa più bella di questa serata è che abbiamo regalato ai tifosi e a tutto il paese una notte fantastica, un'emozione che durerà per quattro giorni. L'Italia? Sono ormai due anni che dimostra un grande valore. Hanno dei difensori veri guerrieri, ma tutta la squadra è molto forte. Sarà un'altra partita epica. Ma noi vogliamo scrivere la nostra storia".
SOUTHGATE
Carlos Passerini per corriere.it
E pensare che non lo volevano neanche come commissario tecnico. Oggi, addirittura, si parla ammirati del suo look e della sua cravatta a pois manco fosse un rockstar e le donne inglesi lo considerano «il leader senza eccessi, il cinquantenne affidabile che tutte sogniamo», secondo la descrizione della comica Madeleine Brettingham.
Essere Southgate vuole dire sistemare il terrazzo, lavarsi da solo il bicchiere in cui hai appena bevuto, andare a fare la spesa, fare il tè migliore del mondo e, en passant, guidare la Nazionale verso un possibile trionfo europeo con il piglio del cinquantenne perfetto. Non essere piacione, per niente Peter Pan. Essere invece risolto e risoluto.
Sarà anche per questo trionfo «come persona», oltre che come tecnico, che Gareth Southgate è felice come non lo era stato nemmeno il 28 dicembre del 2018, quando il principe Carlo in persona lo nominò Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico «per i servizi al calcio». Sei mesi prima l’Inghilterra aveva conquistato un brillante quarto posto al Mondiale russo, impresa che gli era valsa la medaglia con la croce gigliata. Sorrideva emozionato quel pomeriggio a Buckingham Palace, ma mai quanto questi giorni, dopo che mercoledì 7 luglio, battendo 2-1 la Danimarca in semifinale, ha spedito la Nazionale dei Tre Leoni in finale contro l’Italia.
«Sentire e vedere Wembley e tutto il Paese gioire così per me è un onore — ha raccontato GS a caldo dopo avere perso per un po’ l’aplomb che lo ha sempre contraddistinto —. Siamo un Paese speciale, storicamente incredibile e so che non potrei essere più orgoglioso di essere un inglese. Non sono imbarazzato per aver perso un po’ la testa dopo la vittoria... Poter vivere quel momento in campo con i tifosi è sempre per me la parte più speciale».
C’è da capirlo. Per lui tutto questo è un risultato che ha un valore enorme anche sotto l’aspetto più intimo. E per spiegarlo bisogna tornare a quello che è successo negli ottavi di finale, quando l’Inghilterra ha eliminato la Germania. Quello tedesco era infatti un fantasma che lo tormentava da 25 anni: dall’errore ai rigori nella semifinale all’Europeo del 1996. «Quello che è successo a me non è importante» aveva detto prima della partita, ma nessuno gli aveva creduto: lui per primo sapeva che una sconfitta sarebbe stata interpretata come la prova della maledizione e che sarebbe stato difficilissimo uscirne.
Il passaggio del turno contro la Germania ha invece aggiunto ulteriore credito a quello di cui Southgate già godeva, grazie all’impressionante crescita di questi cinque anni sulla panchina inglese: nominato c.t. a tempo determinato nel 2016 solo per riempire il buco lasciato dal dimissionario Allardyce, nel novembre di quell’anno viene confermato nonostante lo scetticismo di chi non lo considerava all’altezza dell’incarico. Oggi da allenatore della Nazionale ha superato le partite che aveva fatto da giocatore (60 a 57), vincendone 39, pareggiandone 11 e perdendone 10, con l’ultima sconfitta che risale a 13 partite fa, il 17 novembre 2020 in Nations League (0-2 col Belgio). Poi una marcia sicura, di crescita graduale, fino ad arrivare a un solo passo dalla gloria.
Southgate è anche un uomo che sa guardare oltre il calcio. Un anno fa, in piena pandemia, s’è tagliato lo stipendio del 30%, rinunciando a 250 mila euro: una scelta che gli ha ulteriormente giovato sul piano dell’immagine. La sua rivincita si è completata nei giorni scorsi, quando la Fa ha annunciato che il suo contratto verrà rinnovato indipendentemente dall’esito del torneo. «Riteniamo che Southgate sia brillante, sia dentro che fuori dal campo» ha detto chiaro e tondo Mark Bullingham, a.d. della Football Association.
In questi anni l’ex stopper di Crystal Palace, Aston Villa e Middlesbrough ha conquistato tutti con la sua «green revolution», la rivoluzione verde: ha dato fiducia alla formidabile generazione di talenti inglesi mixandola con l’esperienza necessaria quando si gioca un torneo di questo genere. La strategia sta pagando. Solo due giocatori superano i 30 anni: Walker e Henderson a quota 31. Gli Under 23 sono White (22), James (21), Bellingham (18 oggi), Mount (22), Rice (22), Foden (21), Sancho (21) e Saka (19).
Oggi — con un Paese scatenato che canta a squarciagola«Football’s coming home», il calcio sta tornando a casa, proprio l’inno di quel maledetto 1996, e che ha dimenticato quel rigore sbagliato da Southgate — il c.t. può dire serenamente che «il nostro obiettivo è vincere gli Europei» senza più temere di passare per pazzo. Sarebbe un trionfo sportivo e, come sa benissimo Southgate, un’impresa dal peso enorme anche in chiave politica. Dovesse riuscirci, questo 50 enne schivo che veste il panciotto ma non ama il tè tornerebbe con ogni probabilità a Buckingham Palace per farsi dare il titolo di Sir. Chi potrebbe negarglielo?