Matteo Nava per gazzetta.it
Pronunci Paolo Rossi e pensi al Campionato del Mondo del 1982, al trionfo in Spagna della leggendaria Nazionale di Enzo Bearzot e ai suoi gol nei match decisivi dopo l’incerta fase a gironi. Il collegamento con il soprannome Pablito è immediato, logico, visto il tenore del successo azzurro e della terza stella mondiale nel cuore degli italiani. Ogni tanto, però, la logica inganna: Paolo Rossi, infatti, non è diventato Pablito nel 1982.
L’attaccante ha sicuramente visto il suo nomignolo consacrato con i 6 gol in Spagna e il conseguente Pallone d’Oro, ma l’appellativo è già pronto all’uso da ben quattro anni: con la Nazionale di Bearzot del 1982 quel Pablito viene ripescato, perfetto per l’assonanza con la lingua della nazione ospitante. La realtà racconta però che nel 1978 il Mondiale è ospitato da un altro Paese ispanofono, l’Argentina.
Gli Azzurri si fermano alle porte della finale, ma la prima fase a gironi (ce n’erano due in quel format) è memorabile, nel segno di Pablito. La squadra lo chiude a punteggio pieno contro Francia, Ungheria e Argentina. Nel match d’esordio contro i transalpini è proprio la punta del Lanerossi Vicenza a pareggiare il fulmineo vantaggio di Bernard Lacombe, permettendo poi a Renato Zaccarelli di completare il sorpasso a inizio ripresa.
Anche nel 3-1 su i magiari il primo gol azzurro è di Paolo Rossi, mentre il delicato incrocio al Monumental contro la nazionale ospitante è deciso dal solo Roberto Bettega. Nella seconda fase a gironi arriva una sola vittoria per l’Italia - sull’Austria - con un 1-0 firmato proprio dall’attaccante che in quei giorni diventa Pablito. Essendo il talento più cristallino del Vicenza, infatti, Rossi riceve sempre uno speciale occhio di riguardo dalle testate regionali venete, in particolare Il Gazzettino. Il quotidiano non perde giustamente occasione di celebrarlo e Giorgio Lago, futuro direttore della testata veneziana, lo appella Pablito. Viene automatico, visto che si gioca in Argentina: il piccolo Paolo, o Paolino, a quelle latitudini si declina così.
Come nei migliori romanzi, è con una sconfitta che si gettano le basi per un clamoroso successo e il caso vuole che anche quattro anni dopo il Campionato del Mondo si disputi dove Paolino è Pablito per eccezione, in Spagna. Convocato nuovamente da Bearzot tra le critiche (l’attaccante era fermo dopo la squalifica per calcioscommesse e il commissario tecnico rinuncia a Roberto Pruzzo per fargli posto), nello zoppicante girone iniziale Rossi rimedia solo un assist contro il Camerun, ma negli ultimi tre match ripropone quel suo soprannome a suon di gol, pesantissimi.
L’indimenticabile tripletta al Brasile nel secondo girone, la doppietta alla Polonia in semifinale e la rete alla Germania al Santiago Bernabeu di Madrid, quella del vantaggio azzurro. Risultato: il titolo di capocannoniere del torneo, la Coppa del Mondo alzata al cielo, il Pallone d’Oro. E Pablito è tornato Pablito, per sempre.
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