Marco Bonarrigo per corriere.it
Incollati alla tv per vederla volteggiare, avvolta nel vestitino viola, anche i più diffidenti di noi ieri hanno percepito un contrasto stridente come il rumore dei pattini sul ghiaccio: cosa diavolo c'entra con il doping Kamila Valieva? Chi e con quale coraggio ha profanato il suo talento, somministrandole - a 15 anni - un farmaco proibito per farla roteare meglio?
Di ferite, dopo una settimana al centro del caso doping dell'Olimpiade di Pechino, Kamila però è sembrata riportarne poche: giusto l'indecisione nell'atterraggio del triplo Axel d'apertura e il pianto a fine esercizio tra le braccia della maestra Eteri Tutberidze. Sulle note di «In Memoriam» di Krill Richter, dopo quello a squadre, Valieva ha dominato anche il programma corto dell'individuale.
La seconda medaglia d'oro, se domani vincerà, non le sarà consegnata in attesa di controanalisi, processi, appelli, contrappelli e ricorsi dove si fronteggeranno schiere di legali e periti. Lei e la Russia da una parte (per molti simbolo di un male endemico), il resto del mondo dall'altra. Ma ieri per 2'58" Kamila ha danzato sulla testa del mondo: assorbita con eleganza la sbavatura iniziale, ha inanellato un triplo Flip per poi eseguire la combinazione triplo Lutz-triplo Toeloop.
Per i giudici, semplicemente la migliore: 82.16 punti per lei, 80.20 per la connazionale Anna Shcherbakova, 79.84 per la giapponese Sakamoto, l'unica alternativa alla Russia. Domani c'è il libero: Kamila pattinerà sulle note del Bolero di Ravel e strapparle la terza medaglia (virtuale) sarà difficilissimo: ieri le avversarie, che forse la immaginavano fragilissima, sono rimaste scioccate dalla sua freddezza. Attorno a lei, intanto, si sta scatenando l'inferno.
Il Cio e la Wada le hanno giurato vendetta, umiliati dalla loro stessa incapacità di gestire i controlli: rivedranno tutto al microscopio, dal contenuto delle provette ai dettagli procedurali per trovare il modo di farla fuori. Il percorso è chiaro e lungo: analisi del campione B appena terminati i Giochi nel (pigro) laboratorio di Stoccolma e poi il via ai processi.
Kamila ha 15 anni ma il doping è doping, dicono i giuristi: pur col rispetto dovuto a un'adolescente, le medaglie non le saranno mai consegnate e il suo entourage verrà indagato e punito. Ma i russi hanno buone carte da giocare.
Dai referti - se n'è già parlato durante l'udienza del Tas - emergerebbe una positività leggerissima, frutto della smisurata (troppo?) capacità di analisi delle nuove macchine.
Abbinata alla giovane età, giocherà un ruolo chiave: cari giudici, ve la sentite di spezzare il sogno di una ragazzina bollandola per sempre con il marchio di dopata? E poi, colpo di scena, il sito russo Dossier Center ha riportato estratti dell'udienza del Tas dove la mamma di Kamila, la signora Alsu, avrebbe sventolato una confezione del farmaco incriminato, il Vastarel, che papà Valieva assumerebbe per curare i suoi problemi di cuore. Lei potrebbe averlo preso, suggerisce il sito, bevendo dallo stesso bicchiere.
Ma ieri, quando la sceneggiatura sembrava già a buon punto, il New York Times ha rivelato di aver avuto accesso alle analisi di laboratorio: nelle urine di Valieva, oltre alla trimetazidina, vietata, ci sarebbero stati anche L-carnitina, aminoacido di sintesi, e Hypoxen, un potente farmaco antiossidante: prodotti non proibiti ma la cui presenza nel corpo di un'atleta sana è inquietante.
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