Daniele Sparisci per il "Corriere della Sera"
Ma quale fischio d'inizio, fra poco servirà la campanella per dare il via alle partite. Come a Wall Street, è il segnale che apre le contrattazioni della Borsa più importante del mondo. Con l'arrivo del fondo d'investimento 777 , la serie A diventa il terreno perfetto per la sfida fra i «lupi» della finanza.
Un derby ligure fra miliardari americani, chi l'avrebbe mai detto? Robert Platek, amministratore della smisurata ricchezza di Michael Dell (quello dei pc) attraverso Msd Capital, e patron dello Spezia da meno di un anno: attivissimo in città, incontra i tifosi e promette un futuro grandioso. Chissà se i successori di Enrico Preziosi sceglieranno lo stesso stile. Steven Pasko e Josh Wander, carriere in fotocopia fra banche d'affari, private equity, master in business administration.
Da Miami con il loro 777 Partners gestiscono più di 3 miliardi di dollari, hanno 600 dipendenti. Dalle assicurazioni all'industria aeronautica, il passo nello sport è relativamente recente: una quota di minoranza del Siviglia, una società di diritti tv (Global Sport Rights Management), un'altra che promuove il calcio femminile (Ata), una squadra di basket in Inghilterra (London Lions). L'acquisto del Genoa - Preziosi lascia perché stanco dopo una vita nel calcio e forse dopo aver capito che sarebbe stato troppo costoso continuare- rappresenta un salto di qualità per dimensioni e ambizioni.
L'operazione aumenta il numero di squadre italiane in mano a proprietà straniere, sono otto su venti (e poi ci sono quelle in B, come Spal, Parma, Como, Pisa). Ognuna ha la sua storia: Elliott ha «ereditato» il Milan dai cinesi insolventi, Suning ha acquistato l'Inter per presentarsi a casa e fuori con un biglietto da visita di livello (prima che Pechino chiudesse i rubinetti); Friedkin e Commisso hanno rilevato Fiorentina e Roma anche sull'onda dell'emotività. Ma alla fine gli affari vengono prima di tutto, lo sa bene Duncan Niederauer ex capo di Wall Street e attuale patron del Venezia.
Un altro finanziere, la serie A è corteggiatissima dai capitali esteri nonostante le perdite record della pandemia. Perché? «Due i fattori - risponde Luigi Capitanio, partner di Monitor Deloitte-: il calcio è altamente attrattivo e in linea con le strategie di crescita e con gli obiettivi di ritorno di investitori esteri o private equity. Il primo elemento è il mercato potenzialmente aggredibile da un operatore di mercato, 30 milioni di appassionati, dunque di potenziali clienti. Molti di più se si considerano le dimensioni internazionali. Il secondo motivo è per la capacità di generare ricavi, calcoliamo 18 miliardi fra diretti e indiretti. Il calcio vale l'1% del Pil».
Ma a spingere i fondi in Italia sono le opportunità future: «Il calcio da noi è già un'industria, ma in ottica prospettica ha un potenziale ancora superiore. Soprattutto, se consideriamo il livello di arretratezza degli impianti sportivi in Italia, obsoleti rispetto agli standard europei». L'appetito è per gli impianti di proprietà, la Germania negli ultimi 20 anni ha costruito il 70% in più che qui.
«È questo il grande valore inespresso. Stimiamo infatti che nei prossimi 10 anni gli interventi di rinnovamento delle infrastrutture genereranno nuove fonti di ricavo per l'industria del calcio e per i settori collegati pari a circa 25 miliardi di ricavi» conclude Capitanio. Un mare di soldi, sul quale pende l'incognita burocrazia. Quando gli americani arrivano prima o poi lo scoprono.