Simone Golia - Redazione gianlucadimarzio.com per corriere.it
Novembre 2000. Sono le quattro di mattina e ad accogliere la Juventus all'aeroporto di Caselle c’è un gruppetto di ragazzi decisamente arrabbiati. I bianconeri hanno appena rimediato una figuraccia ad Atene. Tre gol dal Panathinaïkos ed eliminazione dalla Champions, senza riuscire a passare neanche il girone. La gente è furiosa, tanto che al passaggio di Zidane i pochi tifosi presenti iniziano a spintonarlo firmando di fatto la propria condanna.
La scena infatti viene notata da Paolo Montero che, dopo essersi tolto gli occhiali e averli riposti con eleganza nella custodia, inizia a rincorrere i malcapitati. Cuore, grinta, attaccamento alla maglia e alla squadra. Per tutti questi motivi l’uruguaiano è sempre stato amato da quelle parti.
E per questi stessi motivi oggi, dopo la debacle di ieri sera contro il Benfica, il popolo juventino vorrebbe riabbracciarlo. Non in difesa (anche se qualcuno lo vedrebbe bene pure lì), ma in panchina al posto di Allegri. Per averne una conferma basta un giro sui social, dove – oltre all’ormai celebre #AllegriOut – spopola anche l’hashtag che porta il nome dell’attuale allenatore della Primavera bianconera.
Gol e spettacolo
Già, perché Montero, 278 presenze in nove anni con la Juventus, in estate è tornato a Torino per guidare l’U19 bianconera: «Sono di nuovo a casa - le sue prime parole – l’obiettivo sarà quello di far arrivare i miei ragazzi in prima squadra». Non solo, verrebbe da dire oggi. Perché la sua squadra è seconda in campionato ad un punto dal Torino capolista (sabato c’è il derby) con tre vittorie e due pareggi nelle prime cinque giornate. Ma non finisce qui, perché da evidenziare con la matita rossa c’è il dato relativo ai gol segnati: 14 in cinque gare, quasi tre ogni 90’.
Cifre in netta controtendenza rispetto alle nove reti in sei giornate di campionato da parte di Vlahovic e compagni, che non sono mai andati oltre le tre marcature messe a segno nell’esordio casalingo in A contro il Sassuolo. Anche qui la Primavera ha saputo fare meglio, facendone quattro all’Udinese e ben cinque all’Empoli. I giovani bianconeri hanno più punti dei grandi anche in Youth League, l’equivalente della Champions per quanto riguarda la categoria.
Se al debutto era arrivata la pesante sconfitta col Psg (5-3 il risultato finale), contro i campioni in carica del Benfica ecco un 1-1 tutto cuore e grinta: in 10 per oltre un’ora a causa del rosso al portiere Scaglia, al 92’ tutti in campo per festeggiare il gol dell’ala belga Mbangula.
Come gioca Montero
Montero, che ha iniziato ad allenare in Sud America dopo alcuni anni da procuratore, è tornato in Italia nel 2019 con le idee molto chiare: «Tutti si aspettavano tutti che andassi dai giocatori a urlare "Guerra, guerra, guerra", Perché con me è rimasta l'immagine del giocatore che faceva a botte - ha spiegato più volte - ma la verità è che a me piaceva giocare a calcio, da giocatore e da allenatore». In Italia ha portato per due volte ai playoff di Serie C la Sambenedettese nonostante le difficoltà economiche del club.
Poi un breve ritorno in Argentina, al San Lorenzo, dove però l’esperienza va male e dura pochi mesi. Quindi la Juventus Primavera e un 4-3-3 offensivo e propositivo fin da subito, quasi esasperato anche al costo di subire qualche ripartenza. In estate ecco la vittoria del torneo di Aesch, in Svizzera. Quattro gol ai danesi del Silkeborg, tre ai tedeschi del Karlsruher, due al Fulham, addirittura cinque in finale al Valencia. Centrocampo leggero e orchestrato dai piedi buoni del 2004 Doratiotto. Un attacco che poggia sui gol (6 in 7 gare) di Nicolò Turco, assistito dal giovanissimo trequartista turco (classe 2005) Yildiz e da Tommaso Mancini, il 18enne preso dal Vicenza e strappato al Milan da molti paragonato in passato a Baggio. Fra i moduli usati anche il 4-2-3-1 e un 4-4-2 con gli esterni Mbangula e Maressa che giocano quasi sulla linea degli attaccanti.
Il sogno di allenare la Juve
Montero ha rubato un po’ da Lippi e un po’ da Capello. Un po’ anche da Mondonico, Guidolin e Prandelli. L’allenatore della Primavera bianconera ha visto crescere Andrea, l’attuale presidente della Juve, fin da quando quest’ultimo entrava nello spogliatoio mano nella mano con il padre.
Alle 5 di mattina riceveva le chiamate dell’Avvocato Gianni Agnelli e a Torino gli hanno insegnato l’umiltà: «Perché lì non esiste l’io prima del noi». Eppure non ha mai osato immaginarsi un giorno allenatore della Juve: «E’ un sogno, certo, ma lontano. In pochi ce l’hanno fatta…». Ma i tifosi adesso insistono: «Guido il carro di Paolino – scrive qualcuno su Twitter – cerco apostoli». Il messaggio è chiaro, chissà che non diventi qualcosa di più.