Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
L'Unione europea ha riaperto le porte agli americani, purché vaccinati. Ma il governo degli Stati Uniti non si smuove: le frontiere restano chiuse per tutti gli europei e i britannici che non hanno la green card cioè il permesso di soggiorno permanente, oppure, naturalmente anche il passaporto a stelle strisce. Le ambasciate a Washington di Italia, Francia, Germania e Spagna, da settimane, sono inondate di proteste.
Moltissime segnalazioni sono arrivate anche al Corriere . Le imprese attive negli Stati Uniti non riescono più a mandare negli Usa i loro dipendenti, dai tecnici ai manager, anche se hanno già in mano un visto regolare. Stesso discorso per i ricercatori, i professori, gli studenti. Naturalmente i turisti sono, in ogni caso, tassativamente esclusi.
Nello stesso tempo gli europei che in tutti questi mesi sono rimasti a vivere e a lavorare negli Usa, possono certamente viaggiare nei Paesi di origine. Ma non hanno alcuna garanzia che potranno poi rientrare negli States. Stiamo parlando di migliaia di persone bloccate e di migliaia di imprese danneggiate. Il blocco dura ormai da 15 mesi, esattamente dal decreto firmato da Donald Trump il 31 gennaio del 2020, all'inizio della pandemia. Un provvedimento mai revocato dall'Amministrazione di Joe Biden.
Queste norme prevedono che le ambasciate e i consolati statunitensi possano concedere un permesso straordinario, la Nie, National Interest Expection, per chi ha urgente necessità di rientrare in America. Ma i funzionari hanno avuto istruzioni direttamente dal dipartimento di Stato di vagliare con grande rigore i singoli casi.
È un problema ormai politico e diplomatico. Da mesi non c'è riunione in cui gli europei non sollevino la questione con le controparti statunitensi. Negli ultimi giorni lo ha notato anche il Wall Street Journal , segnalando come «la mancanza di reciprocità» stia ostacolando i rapporti economici tra Ue, Regno Unito e Usa.
Ma per quale motivo gli americani non si smuovono, nonostante lo scenario sia completamente diverso rispetto a 18 mesi fa? Il 25 giugno scorso, nel corso di una conferenza stampa a Parigi, il segretario di Stato, Antony Blinken, ha dichiarato: «Siamo ansiosi di ripristinare la libertà di spostamento tra Stati Uniti ed Europa. Ma non sono in grado di indicare una data. Dobbiamo seguire le indicazioni della scienza».
La situazione sembrava poter migliorare dopo il vertice Usa-Ue dello scorso 15 giugno a Bruxelles. Si era deciso di formare un comitato tecnico, che però finora si è riunito una sola volta. Il team anti-Covid della Casa Bianca, guidato da Anthony Fauci, starebbe raccomandando prudenza per due motivi. Primo: molti europei sono stati vaccinati con AstraZeneca, un siero non approvato dalla Food and Drug Administration, l'autorità federale americana.
Secondo: non tutti gli Stati europei per ora sono in grado di garantire una registrazione precisa delle persone vaccinate. Alcuni Paesi, e sicuramente tra questi c'è l'Italia, sono più avanti. Altri meno. E naturalmente gli Usa non possono fare distinzioni tra una realtà europea e l'altra. Sono obiezioni che si possono superare con uno sforzo burocratico e anche con un approccio più politico. Il caso AstraZeneca è esemplare. L'azienda, a quanto risulta, non ha ancora presentato la domanda formale per ottenere l'autorizzazione della Fda, pur avendo iniziato da lungo tempo la produzione anche negli Stati Uniti. Tuttavia l'Unione europea si è assunta la responsabilità dell'efficacia di questo vaccino. Al governo americano si chiede solo di far entrare le persone immunizzate con AstraZeneca, visto che tra l'Ema, l'autorità europea, e l'americana Fda c'è un rapporto di stretta collaborazione e fiducia reciproca.