La Nba riparte in ginocchio contro il razzismo per ricordare la morte di George Floyd, l'afroamericano ucciso durante un fermo di polizia. La stagione del più importante campionato di basket del mondo è ricominciata dopo il lockdown nella "bolla" di Orlando, in Florida, il resort di Disney World riservata a giocatori e addetti ai lavori risultata negativa al test sul coronavirus.
Subito una manifestazione importante prima di Utah Jazz-New Orleans Pelicans: durante l'inno americano i giocatori, insieme agli allenatori e agli arbitri, si sono inginocchiati contro il razzismo e l'uso eccessivo della forza da parte della polizia.
I cestisti hanno indossato magliette con scritte "Black Lives Matter" o con parole o frasi legate alla battaglia per i diritti. La giovane star dei Pelicans Zion Williamson ha scelto di avere sulla schiena la parola "Peace" ("pace", ndr), il Jazz Mike Conley ha optato per "I'm a man" ("Sono un uomo"), mentre il suo compagno francese Rudy Gobert ha puntato su "Equality" ("uguaglianza").
Molti hanno puntato su "Say their names" (cioè "Dite i loro nomi"), come la campagna che spinge a concentrarsi sulle storie umane delle persone vittime di violenza da parte della polizia. Nessuno sarà punito per questi messaggi, ha precisato il patron della Nba Adam Silver: "Rispetto le proteste pacifiche delle nostre squadre per avere più giustizia sociale. Viste le circostanze, non applicherò le vecchie regole che impongono di restare in piedi durante l'inno nazionale" (…)