Michele Serra per “La Repubblica”
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La retorica a tonnellate, a vagonate, a cargo, rende greve ciò che dovrebbe essere alato: la vittoria. Non c'è rimedio né salvezza, non c'è scampo se non nel profondo della foresta e con lo smartphone scarico. E i tronfi festeggiamenti che gli inglesi avevano in animo di fare, con un giorno di bagordi di Stato (manco Elisabetta fosse Franceschiello) la dice lunga su quanto il vizio sia sovranazionale. Non siamo soli al mondo, noi italiani, quando si tratta di sventolare bandiere fino a slogarsi i polsi e fare cori che incrinano le tonsille.
Bisogna comunque non dargliela vinta, alla retorica, e tenere il punto, dunque tenerci lo sport. Vincere è bellissimo e lo sport è bellissimo. È epica allo stato puro, gesto che non ha bisogno di parlarci sopra, solo di essere descritto, raccontato nel suo farsi. È difficile. Non per niente i grandi giornalisti e telecronisti sportivi, da sempre, sono fuoriclasse, e i cattivi giornalisti e telecronisti sportivi non si reggono proprio. Se ci ricordiamo tutti di "un uomo solo è al comando, il suo nome è Fausto Coppi", è perché è una frase epica, secca, semplice, ingigantita dalla purezza della radio. L'alluvione di parole inutili di queste ore scomparirà, nel tempo, come vapore. Resteranno i gol, le parate, il gioco.
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