Matteo Pinci per la Repubblica
UN euro. È questo il prezzo per consentire a una curva squalificata per razzismo di imbrattare con adesivi antisemiti l' altra curva dello stadio. Una galleria degli orrori: durante Lazio-Cagliari, alcuni ultrà laziali riempivano la Curva Sud, in cui avevano traslocato, di adesivi con la scritta "romanista ebreo". E soprattutto, del volto di Anna Frank fotomontato su maglie romaniste, perché nella logica ultrà dare dell' ebreo è un insulto: è successo anche a colori invertiti, in passato (slogan e scritte sui muri, "Anna Frank tifa Lazio").
Per l' idiota da curva, è un' offesa: come scrivere "romanista frocio" o "romanista Aronne Piperno", citando l' artigiano di religione ebraica del marchese del Grillo. Gli Irriducibili, gruppo che ha firmato quegli adesivi, la liquida come "goliardia", la Procura della Federcalcio ha invece aperto un fascicolo per razzismo. Ma dietro c' è una storia paradossale.
tifosi lazio adesivi anna frank
Gli ultrà laziali, allo stadio, non avrebbero nemmeno dovuto esserci: dopo gli ululati contro i calciatori del Sassuolo Adjapong e Duncan, il giudice sportivo aveva deciso la chiusura della Curva Nord laziale per due turni, visto che gli ultrà biancocelesti erano pure recidivi. Bocciati i ricorsi alla giustizia sportiva, la Lazio ha fatto da sé. Inventando un artifizio che consentiva, agli abbonati della curva chiusa, di acquistare un biglietto per l' altra curva (solitamente invenduta) al prezzo simbolico di un euro: bastava entrare sul sito del club, digitare alcuni codici per "annullare l' abbonamento" soltanto per la gara in questione e acquistare il tagliando. La beffa è che il club di Lotito l' aveva vestita come manifestazione contro il razzismo: "We fight racism", il titolo del progetto che doveva sposare chi acquistava il ticket.
La Lazio, che ha ricucito il rapporto con gli ultrà, interpretava il dispositivo di chiusura della curva come legato al settore: come se la squalifica valesse per i seggiolini e il cemento, non per le persone che li frequentano: «Un' iniziativa motivata dalla necessità di far entrare quegli abbonati che non erano colpevoli di atti riprovevoli », spiega una fonte della società romana. In ogni caso, nessuna delle istituzioni s' è opposta: l' Osservatorio sulle manifestazioni sportive non ha alzato il sopracciglio di fronte alla pubblicizzatissima iniziativa del club di Lotito.
La Questura ha forse sottovalutato la vicenda, ma non era di sua competenza: la Lega di A doveva garantire l' applicazione di un dispositivo firmato dal suo giudice, ma non ha ravvisato irregolarità sulle norme di vendita che impediscono a un tesserato di acquistare biglietti per altri settori.
Cosa rischia adesso la Lazio?
Difficile che il procuratore della Figc Pecoraro entri nel merito dell' iniziativa che ha permesso a una curva squalificata di entrare in altro settore: se però identificasse i presupposti del razzismo (per le immagini non serve la percettibilità), potrebbe far giocare la prossima gara a porte chiuse, oltre a multare per non meno di 50mila euro. «Fatto inqualificabile », il commento di Tavecchio.
Per il ministro Lotti: «Non è sport, ma un episodio da condannare e punire».
Lotito, per prendere le distanze dai propri ultrà, oggi avrebbe dovuto far visita alla Sinagoga. Ma la Comunità ebraica avrebbe voluto un gesto di condanna forte e a ieri notte non si era trovato un accordo. Il club con la questura indaga per identificare i responsabili di quel gesto. Il caso è più ampio e poche ore fa l' Uefa ha annunciato un' inchiesta pure su presunti cori razzisti dei romanisti a Londra. Il nuovo modello di sicurezza negli stadi consente ai presidenti di ritirare l' abbonamento ai soggetti indesiderati: farlo con i razzisti, sarebbe una rivoluzione.
2. SIAMO TUTTI ANNA FRANK
Mario Calabresi per la Repubblica
L' IDEA che l' immagine di Anna Frank possa essere utilizzata per insultare qualcuno è talmente arretrata e grottesca da squalificare per sempre chi l' ha pensata. Quel volto è nei cuori di ogni studente che abbia letto il suo Diario e l' abbia avuta come ideale compagna di banco: quella ragazzina ci ha raccontato non la sua morte ma la vita, i sogni, le speranze, il futuro sebbene si trovasse nel cuore della notte dell' umanità. Grazie a lei generazioni hanno compreso cosa è stato il nazismo, cosa abbia significato vivere nascosti, essere deportati e morire in un campo di sterminio.
Quando ieri sera al giornale abbiamo visto la sua foto con la maglia della Roma, usata da un gruppo di ultrà della Lazio per infamare gli avversari, ci siamo indignati come tutte le volte che ci troviamo di fronte alla banalità del male.
Ma questa volta abbiamo pensato che è necessario fare un passo in più. Come è diventato possibile che Anna Frank sia considerata un modo per offendere? Ribaltiamo i piani, restituiamole il suo valore, trasformiamola in un omaggio, non lasciamola sola e in mano all' ignoranza. E allora Anna Frank siamo tutti noi, può e deve avere la maglia di ogni squadra, essere parte della nostra vita. Ogni club dovrebbe farne una bandiera, per rispondere senza esitazione alla deriva degli estremisti delle curve.
Soprattutto oggi che non solo una parte delle curve degli stadi ma una parte della società sta diventando ricettacolo di razzismo, antisemitismo e xenofobia. Perché Anna è la ragazzina che non ce la fa a sopravvivere fino alla Liberazione. Il suo Diario è la trama di una vita spezzata, che diventa parte della vita di tutti noi. Riprendiamocela, non lasciamola nelle mani di chi vuole calpestarla ma continuiamo a leggerla e a dedicarle strade, scuole e biblioteche.
giulio napolitano allo stadio, alle spalle lotito, pucci, mimun foto mezzelani gmt
3. MIMUN: VERGOGNA, IL CALCIO ERA IL MIO UNICO GIOCATTOLO
Claudia Voltattorni per corriere.it
«Non immagina quanto sia arrabbiato: il calcio era il mio giocattolo, l’unico. E un manipolo di teste vuote me lo ha rotto». Quasi non riesce a parlare Clemente J. Mimun, direttore del Tg5 e laziale doc. Sempre sugli spalti dell’Olimpico, prima in Curva Nord poi in tribuna, sciarpa biancoceleste intorno al collo e via a soffrire e gioire con chi è in campo.
Quegli adesivi con Anna Frank le hanno fatto cambiare idea, direttore?
«Mi fa arrabbiare che poche teste vuote e, chissà forse anche rasate, si permettano di scherzare con l’immagine di Anna Frank».
La Lazio li ha condannati parlando di «un numero minutissimo di sconsiderati»...
«Mi spiace che la Lazio, che da tempo prende le distanze in ogni modo da questi idioti mostrando nei fatti che razzismo e antisemitismo non abitano da noi, questa ennesima vergogna non l’abbia invece condannata duramente come meritava. Da tifoso soffro perché una stagione sportivamente da incorniciare rischia di arenarsi sul fronte delle polemiche e del ludibrio a livello internazionale: vado allo stadio da 50 anni e mi spiace la sola idea di smetterla, però...».
Sta dicendo che potrebbe non andare più all’Olimpico?
«Mi fa schifo l’idea di guardare la Lazio in tv, ma ora come ora è un’opzione possibile. E triste. Il calcio era il mio unico giocattolo».
La Lazio è una passione che condivide con i suoi figli?
«Mio figlio giocava nelle giovanili della Lazio. Poi una volta vide una bandiera con la svastica in Curva Nord. Riuscii a farla togliere, ma lui decise di smettere di giocare. Forse aveva ragione».
Continuerà a tifare Lazio?
«La Lazio è il legame con la mia infanzia e poi con l’adolescenza, quando si andava allo stadio 4 ore prima, si mangiavano panini rancidi e si bevevano birre calde... quando per vederla in attacco stavo un tempo in Curva Nord e l’altro in Sud, quando gioivo per le gesta della Lazio di Maestrelli, con il presidente Lenzini che spargeva sale attorno al campo per cacciare il malocchio. Era una Lazio eroica, un po’ sfortunata e maledetta, ma fantastica».
E oggi?
«Se si giocasse stasera resterei a casa».
giulio napolitano, alle spalle pucci e mimun allo stadio olimpico foto mezzelani gmt