Estratto dell'articolo di Filippo Cornacchia per la Gazzetta dello Sport
«Purtroppo, anche senza pallone, fumo ancora tanto, troppo. Con l’inizio della nuova stagione, mi è cresciuta forte la voglia di esserci dentro, di tornare in campo». Maurizio Sarri non siede in panchina da marzo, dalle dimissioni con la Lazio. […]
[…] Dove sogna un ultimo ballo?
«Non mi vedo all’ultimo ballo! Ho ancora voglia di allenare e penso di essere nelle condizioni di poter dare qualcosa. È vero che in questo momento vanno di moda i giovani, ma lo scorso anno le tre Coppe europee sono state vinte da tecnici della mia età: Ancelotti in Champions, Gasperini in Europa League e Mendilibar in Conference. Idem De la Fuente, c.t. della Spagna campione d’Europa».
[…] In Serie A sono cambiate quasi tutte le panchine: quali allenatori la stanno colpendo?
«Un po’ il post Europeo e un po’ le prime tre giornate disputate con il mercato aperto: gli allenatori stanno iniziando ora a lavorare. Giocare con le trattative in corso è qualcosa di anomalo: io l’ho sempre detto e passavo per lamentone. Ora lo dicono tutti… Aspettiamo qualche partita in più per capire. Jurgen Klopp, in realtà, diceva che per giudicare il lavoro di un tecnico servono due anni».
Sacchi e Capello hanno indicato l’Inter come favorita per lo scudetto: concorda?
«La prima impressione è quella. Ma aspetto l’evoluzione di tante squadre. C’è da vedere la Juve di Motta. E pure il Napoli di Conte».
[…] Motta è un nuovo tentativo rivoluzionario della Juventus dopo il suo e lo scudetto 2020: lo dicono in tanti, ma lei si rivede in Thiago o parliamo di due film diversi?
«Sono film diversi. Quando sono arrivato io, alla Juventus non c’erano i presupposti per una rivoluzione culturale. In questo momento, invece, penso ci siano. Siamo all’inizio, ma a sprazzi si vede la volontà di Motta di fare qualcosa di diverso».
[…] Giuntoli, dopo la rivoluzione estiva, riporterà la Juventus a vincere lo scudetto?
«Ci riuscirà sicuramente, non so in che tempi. Ma vincerà anche con la Juve. È un direttore che capisce velocemente idee e caratteristiche dei giocatori ideali per il suo allenatore. E poi ha un coraggio immenso, che trasmette a squadra e staff. Per la stima che ho di Cristiano, sono certo che avrà avuto le sue ragioni per dare una svolta così secca».
Lei ha vinto l’ultimo scudetto della Juventus: è stato il suo punto più alto?
«Non vivo molto di ricordi, conservo la copia del trofeo nella stanza con maglie e gagliardetti della carriera e di tutte le categorie. Non mi fermo a guardare lo scudetto, ci passo. Caratterialmente la vittoria mi mette imbarazzo, mi disse una cosa analoga anche Buffon una volta. Il titolo con la Juve il punto più alto? La gente pensa che la vittoria sia tutto. Per me è importante, ma il viaggio lo è di più. E ho fatto viaggi stupendi senza trionfare».
Piu stupito da un De Laurentiis così silenzioso negli ultimi tempi o dagli oltre cento milioni che ha speso sul mercato quest’estate?
«Sono ammirato da Conte. Antonio, oltre ad essere un grandissimo allenatore, ha questa capacità di far investire i suoi club. Il Napoli ha costruito una squadra forte e Antonio realizzerà un ciclo importante. Non so se vincerà subito, ma la storia di Conte è quella. Aurelio è impulsivo caratterialmente, ma sotto la sua gestione il Napoli è cresciuto e gli sarò sempre grato per avermi fatto allenare la squadra del cuore. I suoi silenzi sorprendono, ma spero sia l’inizio di qualcosa di positivo».
Dalla Lazio si è dimesso a marzo: pentito?
«No. Per me era un momento di fragilità interiore e personale. C’erano situazioni che non mi piacevano. In quei casi: o rinnovi l’allenatore o lo esoneri. O il tecnico si dimette. E io l’ho fatto. Immobile, Luis Alberto e Felipe Anderson via? Non sono stupito, la sensazione all’interno dell’ambiente è che il ciclo fosse finito».
Corsi, De Laurentiis, Abramovich, Agnelli, Lotito: chi è più competente di pallone?
«Tatticamente, Fabrizio Corsi».
Il più divertente a cena?
«Al di là delle divergenze, sono bei personaggi. Lotito a cena è uno spasso, poi ci puoi litigare discutendo di calcio. Il più brillante? De Laurentiis passa per non essere generoso, ma a Natale faceva sempre regali importanti».
[…] Quale squadra segue in televisione se vuole divertirsi?
«Guardo il ciclismo. Le corse importanti sono una tradizione di famiglia, sono vere e proprie riunioni quelle con mio padre e mio figlio».
[…] Un giocatore che le piacerebbe allenare?
«Dico due italiani: Berardi e Tonali. Una squadra per avere un’anima deve avere un blocco di giocatori del proprio paese. Sono contento per la vittoria dell’Italia di Spalletti contro la Francia, forse è iniziato un ciclo nuovo. Probabilmente all’Europeo siamo arrivati scarichi, chi fa calcio lo sa: è colpa di tutti e di nessuno. Bello vedere Buffon in Nazionale: alla Juve mi aiutò tantissimo».
Ci sarebbe spazio per Sinner in una sua squadra o, essendo un tennista, sarebbe troppo individualista per i suoi gusti?
«Averne dei Sinner in squadra, con la sua forza mentale e la capacità di restare sempre in partita e quasi sempre vincerla. Ha azzerato la superficialità. Sarebbe una fortuna per qualsiasi allenatore».
Allegri anni fa sostenne che il calcio è semplice. Mentre Spalletti, dopo lo scudetto di Napoli, disse che bisogna smetterla di dirlo. Lei con chi sta?
«Come diceva Johan Cruijff, non Maurizio Sarri, il calcio sarebbe semplice, ma far giocare un calcio semplice a una squadra è la cosa più difficile del mondo».
Se si guarda indietro, deve chiedere scusa a qualcuno nel calcio?
«A Cristian Maggio. Mi sono scusato personalmente quando ci siamo rivisti qualche mese fa a Coverciano. La mia ultima partita a Napoli coincideva con il suo addio agli azzurri: preso dalla voglia di chiudere a 91 punti, non l’ho fatto entrare. Ho sbagliato».