Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
Da questo momento in poi la Juve non potrà che migliorare.
Messi e il Barcellona rappresentano un confine e un limite, più importanti della sconfitta.
Pur ricordando i tre gol annullati a Morata, che sono tanti e francamente inusuali in una sola partita, è giusto dire che la differenza fra le squadre è sempre stata netta. Diversa la concezione del gioco e diversa anche la qualità individuale. Messi si sta lentamente normalizzando, ma ha ancora un concetto di calcio altissimo. Quasi impossibile togliergli il pallone, e ogni pallone non tolto è un avversario che lui manda davanti alla porta. La Juve ha subito molto, come tutte le vecchie grandi squadre ha capito la propria differenza e ha cercato di andare per accelerazioni.
Ma sono stati molti i giocatori fuori dimensione. Primi fra tutti Chiesa e Kulusevski. Il primo sembra isolato, schiacciato da Pirlo in cinque metri di campo e condannato a un unico compito, l' uno contro uno, cioè la cosa più difficile del calcio. L' altro è stato sempre dentro una buona confusione, è sembrato giustamente esaurito. È stato poco più che ovvio Dybala che avrà forse capito guardando Messi cosa sia davvero un uomo squadra. Cuadrado ha giocato contro un piccolo fuoriclasse, Pedri, 17 anni, classe infinita e modestia.
Non l' ha quasi mai vista. È abbastanza paradossale che dentro una partita in cui la Juve non ha fatto un tiro in porta siano stati annullati tre gol a Morata (il migliore) e tutti abbastanza cavillosi. Ma non ho la forza di trovare giustificazioni. La Juve è stata dominata, una vera lezione tecnica e tattica di Koeman a Pirlo e una dimostrazione di superiorità.
Continua a sembrarmi una Juve sbilanciata, non ancora adatta al 4-2-4 rivisitato di Pirlo. Ma quello che la porta lontano dalle abitudini è la mancanza di autorevolezza in campo.
È qui che Pirlo deve passare dall' accademia alla pratica. Sporcarsi un po' le mani, costruire anche i sentimenti dei suoi giocatori che adesso mancano.
Non è in pericolo la qualificazione, è in discussione la stagione, l' idea di Juve presente e futura, la realtà di una guida che conosce il calcio ma sembra lontana dagli uomini. Un consiglio al telecronista, ottimo sul calcio inglese, disabituato alle emozioni delle partite italiane. Troppo salotto, ha finito col mettere a disagio perfino Marchegiani, il migliore dei commentatori Sky.
DURA LEZIONE PIRLO SCONFITTO DAL GIOCO CHE HA IN TESTA
Gigi Garanzini per “la Stampa”
Una lezione di calcio palleggiato e offensivo. Quello, grosso modo, che Pirlo avrebbe in testa per la Juventus e ieri sera ha dovuto subire da un Barcellona non ancora irresistibile ma certamente in crescita collettiva e individuale.
Con Messi in cabina di regia avanzata, e illuminata, e il resto del gruppo sempre pronto ad assecondarlo, un po' per cercare la porta altrui e un po' per tenere la Juve lontana dalla propria: e una nota di merito particolare per Pedri, che non ha diciott' anni ma già si muove da veterano. Male la Juve. Proprio male.
Tenuta in piedi dal portiere, da uno stoico Bonucci, da un signor Morata cui il Var ha negato altri tre gol in un colpo solo per via del fuorigioco: ma su quasi tutto il resto c' è da stendere un velo pietoso. E da cominciare, a occhio e croce, a preoccuparsi.
Barça al comando sin dall' avvio, con quel palo spaccato da Griezmann che ha subito messo paura alla Juve. Messi ha tranciato il campo al volo per Dembelé e la deviazione sul destro dal limite non ha dato scampo a Szczesny. Poi ancora Messi si è divorato un assist di tacco di Griezmann, e prima Alba poi ancora Dembelè hanno mancato due altre facili occasioni del raddoppio.
La Juve nel frattempo ci provava in contropiede con Morata. Ma troppo netta era la differenza di disinvoltura nella creazione del gioco: poco Dybala, poco Kulusevski, pochissimo Chiesa, tutti e tre assai raramente innescati pur contro un reparto difensivo tutt' altro che invulnerabile.
Ancor più netta la superiorità di gioco del Barça nella ripresa: al punto da indurlo al più antico dei suoi vizi, quello di rimirarsi allo specchio a dispetto del risultato in bilico. Così sono nate due-tre occasioni bianconere, innescate per esempio da un paio di lanci profondi di Bonucci, ma ben più pericolose quelle mancate di poco da Messi, Griezmann, Ansu Fati per il raddoppio.
Sino al rigore di Messi che non ha rinunciato al sigillo finale. Ronaldo nel frattempo si era già fatto riconoscere.
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