Gaia Piccardi per corriere.it - Estratti
Jasmine si è fermata a due passi dalla Luna (due palle break con Krejcikova sul 5-4 del terzo set nella finale di Wimbledon), ma che importa: anche Michael C0llins, che rimase in orbita mentre Armstrong e Aldrin allunavano, ha fatto la storia. Ed eccola, l’esploratrice del tennis italiano, in diretta su Zoom da Lucca, dove è tornata subito dopo la straordinaria passeggiata sui prati di Londra, e diretta a Parigi, destinazione Giochi, prossima tappa di una vita da globetrotter.
Di Wimbledon le sono rimaste addosso le emozioni, il numero 5 nel ranking mondiale che farà di lei una delle favorite del torneo olimpico (sulla terra del Roland Garros, due set su tre, tabellone da 64 giocatori: sorteggio giovedì prossimo, via il 27 luglio) e un ciondolo che porta al collo e mostra orgogliosa: «Ce l’avevo in testa da un po’, mi piaceva. Prima di ripartire per l’Italia me lo sono regalato».
Ha fatto bene, Jasmine. Una finale a Wimbledon cambia l’esistenza?
«Solo a livello di selfie, per il resto direi di no. La risonanza che ha Wimbledon non ce l’ha nessun altro torneo del circuito, nemmeno il Roland Garros. Mi riconoscono di più, forse».
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Il tennis è sempre stato marginale ai Giochi, Jasmine. Quest’anno, grazie a Jannik Sinner e a lei, invece, aspettiamo il torneo olimpico come se fosse il quinto Slam, ha notato?
«È vero: io ho vissuto Tokyo ma di Parigi si parla molto di più, e con più enfasi. Avverto un grande entusiasmo. Merito del tennis italiano, che sta vivendo il suo periodo d’oro».
Tokyo che Olimpiade fu?
«Particolare. Noi tennisti siamo abituati a passare il tempo nel nostro team, invece in Giappone era richiesta molta condivisione, a cui non ero abituata. Per di più, c’era il Covid: bolla, mascherine, controlli. Non ero riuscita a socializzare con nessuno. Persi al primo turno, in due rapidi set. L’atmosfera mi era piaciuta, anche se non me la sono minimamente goduta».
Da Parigi, cosa si aspetta?
«Oddio io non sono il tipo di persona che chiacchiera con tutti, al di là delle apparenze. Mi lascio andare quando so di potermi fidare. Però mi piacerebbe avere più scambio con gli azzurri degli altri sport: confrontarsi, cercare di capire le realtà altrui, fa sempre bene».
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Parteciperà alla cerimonia sulla Senna?
«Mi piacerebbe: l’inaugurazione di Tokyo fu un momento pazzesco. Spero di non dover giocare il giorno dopo».
Si è mai immaginata portabandiera, magari a Los Angeles 2028?
«Oddio, no! C’è chi ha vinto ori olimpici, e lo merita ben più di me».
Il sogno proibito del doppio misto con Sinner è tramontato?
«Tre eventi (singolo, doppio, misto) concentrati in una settimana sono troppi. Fisicamente sarà un torneo molto duro e con Jannik non ne ho mai più parlato».
Inseguire una medaglia da n.5 del mondo mette più responsabilità o dà più motivazione?
«Il tennis è un ambiente strano: arrivare in cima è difficile ma confermarsi lo è di più. Tutte sanno chi sei, tutte vogliono batterti, tutte ti affrontano con energie moltiplicate. Alla medaglia non voglio pensare troppo: è già difficile rimanere focalizzati sull’obiettivo, non desidero relazionarmi con altre pressioni e tensioni».
Furlan non sarà a Parigi.
«Ecco, un’altra sfida sarà giocare senza il coach. Renzo mi dice sempre che le partite le prepariamo insieme però poi in campo ci vado io, da sola. Ai Giochi dovrò essere due volte brava».
Un podio olimpico lenirebbe la delusione della finale persa a Wimbledon?
«Sarebbe una grande gioia, una cosa notevole. Però Wimbledon è Wimbledon. La risposta è nì».
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