Arrigo Sacchi per gazzetta.it
Dopo l’articolo che ho scritto sulla Gazzetta di mercoledì , nel quale ricordavo il Mondiale del 1994 e la sconfitta della mia Italia ai calci di rigore contro il Brasile, ho constatato con stupore di aver sollevato qualche polemica. In particolare, il passaggio finale dove dico: "La differenza tra la mia Italia del 1994 e l’Italia di Lippi del 2006 che ha vinto il titolo è in un rigore: Roberto Baggio lo sbaglia, Fabio Grosso lo segna".
Qualcuno, secondo me erroneamente, ha voluto interpretare le mie parole come un atto di accusa a Baggio e una mancanza di gratitudine nei suoi confronti. Lungi da me, questa intenzione. Io sarò sempre riconoscente ai miei giocatori che mi hanno permesso di arrivare fino a quel traguardo, e quel traguardo, quel secondo posto, continuerò a rivendicarlo con orgoglio perché fu il risultato di un percorso straordinario e faticosissimo, compiuto in salita e con mille avversari che ci remavano contro.
Molto più semplicemente, con quella frase, intendevo sottolineare che un rigore, anzi tre perché noi con il Brasile ne sbagliammo tre (oltre a Roberto Baggio, anche Baresi e Massaro), non può far pendere la bilancia da una parte o dall’altra, non può essere decisivo nel giudizio complessivo di un’esperienza. Tutto qui.
BAGGIO
Monica Scozzafava per corriere.it
Roberto Baggio non si allena da 20 anni, le volte che si è visto sui campi di calcio si contano sulle dita di una sola mano. Roberto Baggio centellina le interviste, soltanto da qualche mese è sui social che utilizza con estrema parsimonia. Il Divin Codino, e gli fa sempre un certo effetto sentirsi chiamare così, ha scelto il silenzio, la riservatezza, la profondità. In qualche modo l’assoluto, il suo e quello della famiglia. Osserva il mondo fuori e ne prende le distanze.
«La differenza tra la mia Italia del 1994 e l’Italia di Lippi del 2006 che ha vinto il titolo è in un rigore: Roberto Baggio lo sbaglia, Fabio Grosso lo segna» ha scritto l’ex c.t. sulla Gazzetta di mercoledì. Ma come, Sacchi che in una occasione anche recente ha detto pubblicamente che era grato a Baggio, per averlo portato a disputare quella finale (la storia è questa), oggi riapre una ferita? Per Baggio è tutto così gratuito, incredibile.
Sceglie un post su Instagram richiamando il pensiero buddista (la filosofia che ha abbracciato) del maestro Daisaku: «Se riusciamo in qualcosa siamo spesso invidiati; se manchiamo uno scopo siamo ridicolizzati e attaccati. Purtroppo le persone sono così». Non altro per replicare a quella che secondo Baggio è una «grave mancanza di rispetto, un falso storico».
Il silenzio pubblico e lo sfogo intimo. Chi c’era a quel Mondiale sa, e chi ha seguito anche la storia ha capito — ha sussurrato a se stesso — . Il motivo del silenzio? Chi dopo 30 anni vuole trovarsi alibi o necessità di riconoscimento, non trova accoglienza nelle risposte. Ci sono fatti ed episodi nella vita che meritano priorità. E questo Sacchi dovrebbe capirlo. Baggio si sta riprendendo dalla rapina subita nella sua villa un mese fa, non ha superato definitivamente l’aggressione fisica subita. Dal dolore trae forza e guarda avanti. «Piccolo rimane chi invece vive e si rifugia nel passato e negli alibi»: vive così. Sacchi dovrebbe saperlo, ma lui non glielo dice. Ed è un silenzio che fa più rumore delle parole urlate.
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