Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Alla sesta giornata del campionato di Serie A, 90° minuto conferma le impressioni iniziali: c'è qualcosa che non va. Non dico per tornare ai tempi d'oro (questo è impossibile) ma per svolgere con maggiore completezza il suo compito. Cos' è che non va? Perché non svolge fino in fondo la sua funzione di servizio pubblico?
Non è facile trovare risposte a queste domande, proviamo a procedere per gradi. Il difetto principale, come molte altre trasmissioni sportive, è che anche 90° minuto parla principalmente delle squadre più forti: Inter, Napoli, Milan e Juve. Capisco che una tv a pagamento debba fare i conti con gli abbonamenti e i bacini d'utenza, ma la Rai dovrebbe dare pari dignità al Monza come ad altre squadre, a prescindere dal numero di tifosi. Il difetto principale è che a commentare le partite sono stati chiamati degli ex calciatori come se il ruolo del giornalista fosse ormai del tutto superfluo.
Gli ex calciatori sono «personaggi» inseriti nel mondo dello spettacolo e per resistere non devono mai prendere posizione. Marco Tardelli è una vita che si barcamena nei giudizi né carne né pesce, Lele Adani si crede ormai un poeta delle tattiche e Milena Bartolini dice cose di buon senso, non oltre. C'è la possibilità che gli arbitri parlino in trasmissione, facendoci ascoltare gli audio dei dialoghi tra il direttore di gara e la sala Var.
Ci sarà mai qualcuno a 90° minuto in grado di dire che abbiamo una classe arbitrale modesta (sala Var compresa), come ogni domenica possiamo constatare? La regola dei cinque cambi finisce con il favorire smaccatamente le grandi squadre che hanno una rosa più competitiva (quante partite si risolvono negli ultimi minuti!). Il servizio pubblico dovrebbe battersi contro questa regola che punisce i più deboli e, invece, mai una parola in proposito. Insomma, forse l'innesto di un giornalista coraggioso farebbe solo bene al programma.
MARCO LOLLOBRIGIDA ALDO GRASSO lele adani