Marco Vigarani per corrieredibologna.corriere.it - Estratti
Sei mesi fa Gaia Giovannini pensava di vivere un’estate normale: vacanze e riposo poi raduno con Vallefoglia in vista della nuova stagione. Peccato che sia arrivata la convocazione azzurra da parte di Julio Velasco e oggi la 22enne di San Giovanni in Persiceto si ritrovi con una medaglia d’oro olimpica al collo dopo avere contribuito a firmare un’impresa inedita nella storia della pallavolo italiana. La sua è una vicenda di tenacia, passione e semplicità tutta da scoprire.
Torniamo alla finale di Parigi. Cosa ricorda del punto della vittoria?
«Nell’istante in cui ho visto l’attacco degli Stati Uniti finire fuori dal campo si è spento tutto. Ci siamo ritrovate abbracciate a buttare fuori tutta l’adrenalina che avevamo in corpo. Essere stata in campo in quell’occasione è stato un onore».
Velasco le aveva concesso spazio anche in precedenza.
«Mi ha utilizzata per dare una mano in seconda linea durante il torneo e avere la possibilità di giocare in una squadra così forte non era assolutamente scontato. Lo ringrazierò sempre per la fiducia che ha riposto in me».
Va ancora in giro con la medaglia?
«No, l’ho messa subito al sicuro dopo essere tornata a casa. Tanto i ricordi sono talmente vividi che mi sembra di averla ancora al collo».
Come ha vissuto i giorni di vacanza post Olimpiadi?
«Al mare, a Cervia. Cercando anche di rispondere a tutti i messaggi che ho ricevuto. Persone che non conosco mi scrivono sui social per complimentarsi o mi fermano in giro per fare una foto: è tutto incredibile».
Vederla rientrare a casa in treno è stata un’immagine che ha colpito per la semplicità.
«Era normale così, in più viaggiavo anche leggera».
Di viaggi ne ha fatti tanti anche da bambina per inseguire il suo sogno.
«Diventare pallavolisti a Bologna non è facile, arrivi a un punto in cui devi lasciare la provincia per crescere. Anche prima però c’è stato un periodo in cui abitavo a San Giovanni, studiavo a Cento e giocavo a Bologna. Per fortuna ho avuto genitori presenti e pronti a sacrificarsi in nome della mia grande passione».
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«Sono stata convocata a inizio aprile per alcuni allenamenti ma dopo le prime due settimane non mi hanno più chiamata. Sinceramente avevo già iniziato a pensare alle vacanze».
Quando ha capito che la storia sarebbe andata diversamente?
«Fino a fine maggio non avevo idea del fatto che avrei vissuto tutta l’estate in Nazionale fra Nations League e Olimpiadi. Quando Velasco mi ha detto che sarei stata ai Giochi ho pianto. È stato uno choc: ho realizzato quello che è sempre stato l’obiettivo della vita».
Come ha vissuto il ruolo di ultima arrivata in un gruppo di stelle?
«C’è stato un clima di estrema collaborazione che mi ha permesso di non sentire troppo il peso della prima avventura in maglia azzurra».
Parliamo di Velasco. Quanto c’è di suo in questa impresa?
«Ci ha fatto sempre percepire la sua fiducia. Era chiaro che credesse nelle potenzialità della squadra ma in senso positivo. Ha lasciato margini di autonomia in partita e in allenamento. Il motto “qui e ora” è stato fondamentale: ci ha chiesto di vivere solo il presente, senza pensare al passato ma neppure a quello che sarebbe successo in futuro».
Un esempio pratico?
«Abbiamo giocato due volte contro la Turchia e dopo avere vinto la prima partita anche inconsciamente sarebbe stato facile affrontare la seconda sfida con leggerezza, dando per scontato di ripetersi. Alle Olimpiadi però un errore del genere può essere fatale e grazie alla nostra nuova consapevolezza l’abbiamo evitato».
Cosa c’è nel suo futuro?
«Ho già ricominciato ad allenarmi con Vallefoglia in vista di un campionato che vorremmo vivere con ambizione. A breve però tornerò a casa perché il Comune di San Giovanni in Persiceto vuole festeggiarmi. Il 23 settembre poi saremo ricevute dal Presidente Mattarella a Roma».
Ha fatto un pensierino a Los Angeles 2028?
«Magari! Essere di nuovo alle Olimpiadi fra quattro anni sarebbe un altro sogno ma intanto continuo a godermi questo».