GENIO E FANTASMI MA SPALLETTI CI RIPROVERÀ
Estratto dell’articolo di Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
Spalletti si dimette? No. Chiede scusa? Sì. […] come c’è arrivato fin qui? […] è di quelli che la carriera se la sono cercata, e sudata. Per dire: diventa commissario tecnico senza avere mai indossato la maglia azzurra e avendoci invece solo giocato contro, in amichevole, quando era un medianaccio dell’Empoli, con calvizie già incipiente e foto ricordo accanto a Roberto Baggio (ma il suo idolo è sempre stato Giancarlo Antognoni).
[…] Mario Sconcerti […] raccontava che Spalletti conobbe la sua compagna Tamara, attuale madre dei tre figli, ai tempi in cui militava nello Spezia: lei vendeva l’Unità come all’epoca usavano fare i militanti del Pci, suonando porta a porta, un pianerottolo dopo l’altro, e così lui decise di andare in marcatura […] abbonandosi, ripetutamente, al quotidiano fondato da Antonio Gramsci.
[…] Da allenatore di club deve affrontare psicodrammi collettivi (con Totti, a Trigoria: dove aveva ragione lui, come s’è poi capito) e situazioni complesse (caso Icardi-Wanda Nara, a Milano), ma non esita, con coraggio brutale, a fare la valigia per andare ad allenare a San Pietroburgo […]colleziona dieci campionati consecutivi di serie A sopra i 60 punti, conducendo quattro squadre diverse in Champions: Udinese, Roma, Inter e Napoli.Dove, l’anno scorso, realizza il suo capolavoro: riportando lo scudetto, senza Maradona, e dopo 33 anni.
[…] Adesso arriviamo al carattere. A certi anfratti bui di Spalletti. Che sono la sua meravigliosa forza e la sua tremenda debolezza. Perché il riconosciuto puro genio tattico si accompagna a un puntiglio prossimo all’ossessione. È un visionario: ma se non riesci a vedere quello che vede lui, diventa facilmente irritabile. E permaloso (eufemismo). Così, scivola. Come l’altro giorno, a briglie libere, senza lo stile di un cittì, polemizzando con un giornalista di Radio24: «Io ho 65 anni, le mancano ancora 14 anni di pippe per…». Dopo chiede scusa.
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Con quella brace nello sguardo. Perché poi il guaio è che, ogni tanto, intravede fantasmi. Sospetta congiure. È la sua trappola. E lo sa. […] i suoi famosi quaderni pieni di appunti, di frecce e cerchietti, di post-it con i nomi dei calciatori. Spalletti li vuole che vivano di aspirazioni sublimi. Come lui. Uno schema banale lo deprime. Invece lo eccita inventare (tipo certe difese «rotanti» a tre e mezzo, oppure Totti falso nove, Perrotta assaltatore, Brozovic play maker e Lobotka bussola vivente). Passione sfrenata, studio maniacale.
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Rovista nelle tattiche altrui, saccheggia, le migliora. Pizarro, quando era il regista della Roma, giurava di avere sempre a disposizione almeno cinque possibili linee di passaggio. Se capiti a cena con Spalletti, al dolce è lì che, spostando i bicchieri, ti spiega come si alza il pressing sul portatore di palla avversario. Il guaio è che laggiù, su quel campo di allenamento, ha preteso di più. Da se stesso. E, soprattutto, dagli azzurri.
Li trovava modesti (e non gli si può dare torto): ma invece di progettargli addosso un calcio accessibile, su misura, di facile realizzazione, ha provato a infilarli dentro alcune sue affascinanti allucinazioni. E ha blindato tutto. La squadra è andata via di testa. Non ha retto. La verità è che per insegnare certi schemi occorre un lavoro quotidiano: il cittì, invece, ha poco tempo, deve assemblare, possibilmente mettendo leggerezza. Lui giura di aver capito […] Bisogna credergli. È un uomo onesto, perbene. Sa di avere sbagliato. […]
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