Massimo Basile per la Repubblica
Stasera l' America riapre, come fosse la notte del Super Bowl o delle finali Nba. Riparte davanti alla tv, per la prima volta in un mondo paralizzato dall' epidemia, in mezzo alla nube purpurea degli oltre due milioni di contagiati e 150 mila morti. Alle nove di sera, quando in Italia saranno le tre di notte, verranno trasmesse le prime due puntate della serie The Last Dance, che racconta, con documenti inediti, l' ultimo ballo di Michael Jordan, dei Chicago Bulls, del coach Phil Jackson, la stagione 1997-98, quella del sesto titolo Nba in otto anni della squadra più forte della storia. Tutti sapevano che sarebbe stato l' Ultimo ballo, per questo un producer dell' Nba, Mike Tollin, ebbe l' intuizione di chiedere di seguire Jordan e i Bulls tutti i giorni, a un patto: le immagini sarebbero state trasmesse solo con l' accordo delle parti.
Tutti sanno come andrà finire, tutti ricordano i tre palleggi e la virata a sinistra da stroncaviglie di Jordan, a 5 secondi e 2 dalla fine di gara 6 contro Utah, il tiro in sospensione di un uomo che appare il più leggero del pianeta, mentre sullo sfondo, dietro il canestro, i tifosi avversari hanno le mani sui capelli e una donna si sbraccia e dice no, no, non può entrare.
Invece entra. Chicago vince 87-86. Dieci puntate, 500 minuti totali, trasmesse da Espn, stasera, il 26 aprile, il 3, il 10 e il 17 maggio, e il giorno dopo su Netflix in Italia. Il presidente Donald Trump aveva detto di essere stanco di vedere partite vecchie di 14 anni. Bene, gliene daranno una di 22 anni fa, ma era arrivato il momento, prima che il Paese si narcotizzasse in modo definitivo davanti alle gare trasmesse in tv di sputi al sapore di cherry, lancio di massi o castelli di bicchierini di carte. Il debutto della serie era atteso a giugno ma è stato anticipato per questo.
Sono i giorni in cui i giocatori accettano il taglio del 25% degli stipendi. E in cui Marco Belinelli, recluso a San Antonio, Texas, ha lanciato la nuova sfida: ingoiare una dose di cannella messa su un cucchiaino. Capite che erano allo stremo.
The Last Dance è qualcosa di più di un metadone collettivo: è una costruzione epica, che dovrà convincere gli americani ad amare non solo il campione, ma la sua crudeltà.
«Vedendo le immagini - ha ammesso Jordan - molti si chiederanno quanto fossi orribile». Sarà come ritrovarsi davanti allo stagno del diavolo: lui che prende a pugni un compagno, Steve Kerr, futuro coach di Golden State. Lui che salta la visita alla Casa Bianca per giocare a golf con un signore della droga. Lui che, durante lo scontro con Reggie Miller, dice all' arbitro «lascialo fare, non metterti nei guai». Il racconto è pieno di fuck, ma gli americani dalle orecchie più tenere avranno la possibilità di scegliere la versione censurata, sì insomma, con i beep.
Jordan spera di uscirne bene, e far capire l' origine umana della sua smisurata grandezza. Vincere ha un prezzo. La leadership ha un prezzo. I nemici erano altri. Come il potente manager dei Bulls, Jerry Krause, che voleva cacciare Jackson, l' amico di Jordan. La notte del trionfo, Krause entra nello spogliatoio e chiede a Michael uno dei suoi esagerati sigari Cuban Cohiba. Air risponde gelido: «No, Jerry, ti arresta la crescita». Poi ride e si allontana. Come fanno i cattivi, quando sono davvero cattivi.
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