Franco Vanni per “la Repubblica” - Estratti
A Lambrate, quartiere un tempo popolare, gira una Cinquecento nera e azzurra. Sulla carrozzeria sono impressi il logo dell'Inter e la scritta "Steven". È una replica, allestita alla buona da un tifoso, della Fiat più sportiva e costosa con cui fino al giugno di un anno fa si spostava in città il 32enne Zhang Kangyang, detto appunto Steven, presidente dell'Inter dal 28 giugno 2018, che il 21 maggio ha dovuto lasciare le sue quote al fondo Oaktree, non avendo restituito un prestito da 275 milioni più interessi.
Il piccolo bolide per anni ha fatto la spola fra la sede dell'Inter, in un palazzo di vetro e acciaio nella nuova downtown di Garibaldi-Repubblica, e la casa presa in affitto da Zhang nella lussuosa e discreta via Gabba, fra via Monte Napoleone e il giardino botanico di Brera. La stessa strada privata dove vive Lautaro Martinez, che negli anni ha ospitato mezza Serie A, da Kakà a Cassano. Steven non ci mette piede da undici mesi. Da quando, cioè, ha fatto ritorno in Cina senza più uscirne.
Di quel ragazzo discreto, molti vicini si ricordano appena. Usciva a piedi, con il cappuccio della felpa calcato sulla testa, per andare a mangiare qualcosa all'hotel Bulgari, o per fare due passi nell'Armani building in via Manzoni. La macchina la usava per andare al suo ristorante cinese preferito, in zona Buenos Aires. Più raramente guidava uno dei gioielli che teneva in un garage in Svizzera. Ferrari, soprattutto. Pezzi da collezione che nel tempo acquistano valore, scelti in visite private a Maranello.
Ma il totem era Nerazzurra, la Pagani Huayra BC roadster verniciata coi colori del cielo e della notte, che lo portava fino al ristorante Da Vittorio a Brusaporto, nella bergamasca. Cotoletta e tartufo bianco, che il figlio del fondatore di Suning fotografava e mostrava sul suo profilo Instagram ufficiale, da presidente interista. Poi c'è l'altro, chiuso, per gli amici, in cui Steven racconta la propria passione per vestiti e orologi. Nelle boutique milanesi di Richard Mille e Audemars Piguet era di casa.
L'ultima apparizione pubblica di Zhang risale al 21 aprile, ai box del gp di Shanghai con la stella del basket Yao Ming, il presidente della Fia Mohammed ben Sulayem, e il ceo della F1 Stefano Domenicali. Alle riunioni del cda dell'azienda di famiglia partecipa in videoconferenza. Oggi in Suning.com, gigante della vendita di elettrodomestici, la sua famiglia non ha più la maggioranza.
L'ultimo movimento noto nel capitale risale a febbraio, quando Taobao China Software ha ceduto a un'altra società del gruppo Alibaba il 20 per cento delle azioni per 359 milioni di euro. Nel 2015 le aveva pagate 4,2 miliardi. In nove anni l'azienda ha perso il 90 per cento del valore, ma il momento peggiore è passato, con l'onda lunga del Covid.
Sulla ragione per cui Zhang non possa lasciare la Cina non è stata mai fornita una versione ufficiale. Quella ufficiosa e assai debole era che dovesse lavorare al rilancio di Suning e al (fallito) tentativo di trovare un prestito per chiudere il debito con Oaktree.
Nel 2019, sul palco dell'aula magna dell'università Bocconi raccontò di non avere mai visto una partita di pallone prima che nel 2016 suo padre acquistasse l'Inter, nell'ambito del piano di espansione calcistica globale di Pechino, lanciato nel 2015 e poi abortito. Sei anni dopo, parlava con disinvoltura di tattica coi calciatori. Dimarco e Çalhanoglu lo hanno salutato con post affettuosi, quando l'Inter è diventata americana.
Quello con Oaktree non è l'unico debito che Zhang Jr non ha saldato.
Una sentenza della corte suprema di Hong Kong dell'aprile 2022 — valida anche in Italia, per decisione della Corte d'Appello milanese — lo costringe a restituire 320 milioni a China Construction Bank, istituto posseduto al 59,31 per cento dal fondo sovrano China Investment Corporation (CIC). La banca chiede al Tribunale civile di Milano di obbligare l'Inter a riconoscere al giovane ex presidente (domani l'assemblea dei soci con la nomina del suo successore) uno stipendio, di modo da poterglielo pignorare.
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