1 - TROPPE PARTITE, RECLAMO ALL’UE I CALCIATORI ALLO SCONTRO CON LA FIFA
Franco Vanni per “la Repubblica” - Estratti
Le ragioni del ginocchio e quelle del portafogli. L’esigenza di un calendario che preservi campionati locali e salute dei calciatori, contro quella di incassare dal circo del pallone, incapace di contenere la spesa e assetato di giorni liberi in cui giocare partite. La tensione è sfociata nel reclamo contro la Fifa per abuso di posizione dominante, presentato alla Commissione Ue dall’associazione delle Leghe europee, dalla Liga spagnola e da Fifpro Europe, il sindacato mondiale dei calciatori.
(...) Fifa si difende sostenendo che “il calendario è stato approvato all’unanimità dopo una consultazione che ha coinvolto Fifpro e leghe”.
Umberto Calcagno, presidente dell’Associazione italiana calciatori (Aic), sintetizza: «Il calcio divora se stesso e lo spettacolo. I giocatori si fanno male. Si corre a una velocità superiore del 50 per cento rispetto a dieci anni fa e il numero di gare cresce. Barella dell’Inter, o i top player della Juve, fra club e nazionali potrebbero arrivare a 82 partite a stagione. Metà dei minuti giocati da ogni squadra è sulle gambe di soli otto giocatori. In un anno si fanno venti giorni di allenamento vero».
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Giocare sempre per guadagnare di più. Il modello è l’Nba, il campionato a squadre con le retribuzioni più alte al mondo, dove ciascuna franchigia gioca 82 partite solo nella regular season, più i play-off. Ma il calcio è lo sport in cui ci si fa più male. Secondo il National Health Statistics Report britannico, il 71 per cento dei calciatori in carriera ha infortuni significativi. Nel rugby la percentuale scende al 61, nel football americano al 63.
In questa stagione si sono fermati per lesioni ai legamenti del ginocchio, fra gli altri, Carvajal del Real Madrid, Zapata del Torino, Bremer della Juventus, Rodri del Manchester City e Valentin Carboni, interista in prestito al Marsiglia, ennesima vittima d’ottobre. «È il mese peggiore, perché le gare si moltiplicano — ha detto a Radio Rai Piero Volpi, decano dei medici sportivi, capo dello staff all’Inter — per ridurre gli infortuni bisogna portare a sette le sostituzioni e ridurre il numero di squadre nei c ampionati».
INFORTUNIO DUVAN ZAPATA - FOTO LAPRESSE
In Serie A, ogni volta che si è provato a ridurre da 20 a 18 il numero delle squadre — come ha fatto la Ligue 1 — ci si è andati a schiantare contro i veti dei piccoli club. Favorevoli sono Inter, Juventus, Milan e Roma.
Per il resto, levata di scudi a difesa dello status quo. L’argomento è che offrire meno partite deprimerebbe il “prodotto Serie A” in tv. Un’obiezione bizzarra, in un campionato in cui l’83 per cento del fatturato se lo mangiano gli stipendi degli atleti, contro il 50 dell’Nba. E in cui in 10 anni il costo del lavoro è cresciuto del 160 per cento rispetto ai ricavi tv: gli ingaggi corrono più veloci del fatturato. Nell’Nba il rapporto è ribaltato.
massimo mauro alla serata my name is luca
In Europa, e in Italia in particolare, a mettersi in tasca quasi tutti i soldi del calcio sono gli stessi calciatori che lamentano di giocare troppo.
2 - MASSIMO MAURO “PROTESTA ESAGERATA SI PUÒ GIOCARE MENO TAGLIANDO GLI STIPENDI”
Luigi Panella per “la Repubblica” - Estratti
Massimo Mauro ha vissuto il calcio degli anni 80 e 90, quando il campionato italiano era al centro del mondo e il numero di partite era nettamente inferiore a quello di adesso.
infortunio marc andre ter stegen - foto lapresse
Mauro, cosa pensa dei giocatori che si lamentano per il calendario troppi fitto?
«Che andrebbe benissimo giocare una ventina di partite in meno all’anno, a patto però di guardare anche il rovescio della medaglia e abbassare l’ingaggio di un paio di milioni di euro».
Il solito discorso dei guadagni esagerati?
«Non voglio fare populismo, però quando sento di stipendi da 100 mila euro al mese o di ingaggi da 3-4 milioni a stagione solo per aver fatto un buon campionato, un certo senso di indignazione ci può stare».
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Sofferenza e calcio, sembra che l’abbinamento la infastidisca.
«Il termine che dà più fastidio è sacrificio. Lo usano un po’ troppo anche tecnici di primo piano come Conte e Thiago Motta. Ma il sacrificio è fare lo straordinario in un lavoro normale per comprare i libri di scuola ai propri figli».
Insomma, i calciatori non hanno neanche il diritto di lamentarsi?
«Certo che ne hanno il diritto, sono stato calciatore anche io. Solo che lo fanno sempre dopo aver messo al sicuro la firma sul contratto».
Come si può risolvere la questione?
«Le rappresentanze sindacali devono trovare un equilibrio tra calendario e guadagni. Riduciamo le partite, va bene, però bisogna anche combattere la follia di certi contratti. In Italia questo discorso lo può portare avanti l’Assocalciatori, solo che non vedo la statura per modificare un mondo dominato dagli interessi. Ad esempio: si gioca troppo? E allora mettiamo un freno alle infinite e remunerative trasferte intercontinentali per le amichevoli estive».
Una malignità. Mica sarà invidioso del ricco calcio di oggi?
«Neanche per sogno. Ho giocato in squadra con Maradona, Platini e Zico, ho affrontato da avversario Falcao, Krol, e sicuramente ne me dimentico qualcuno. Aver fatto parte di quel calcio non ha prezzo».
infortunio rodri - foto lapresse infortunio marc andre ter stegen infortunio rodri - foto lapresse infantino massimo mauro