Francesca Ferrazza per "la Repubblica - Edizione Roma"
È rimasto Dzeko e sono arrivati El Shaarawy e Reynolds. Chiude il mercato della Roma senza nessuna cessione, neanche degli esuberi (Juan Jesus, Fazio, Diawara e Carles Perez, per dirne alcuni che il club ha provato a piazzare). La finestra di riparazione regala quindi a Fonseca due innesti importanti nei ruoli chiesti dal tecnico (esterno basso ed esterno alto), con in più il bosniaco da riacquistare mentalmente.
Dopo la vittoria sul Verona, il tecnico ha detto che non è vero che pretende le scuse dall' attaccante, di fatto alzando il sipario sulle manovre di riavvicinamento ad Edin. La Roma riprenderà a lavorare oggi dopo un giorno di riposo ed è da verificare se verrà consentito al numero nove di tornare ad allenarsi in gruppo, venendo così reintegrato in squadra - seppure senza la fascia di capitano - oppure se servirà ancora tempo.
Il naufragio della trattativa con l' Inter, nell' ambito di un possibile scambio con Sanchez, e il timidissimo approccio della Juventus in extremis, hanno "costretto" il bosniaco a restare nella capitale, ancora una volta, dopo essere stato a un passo dall' addio. L' esplosione di Borja Mayoral (tre gol in due gare), promosso titolare al posto di Dzeko, è un elemento di forza per l' allenatore, che ha visto il gruppo non sfaldarsi a causa della vicenda. Tra l' altro, prima di Mayoral, solamente un altro spagnolo nella storia della Roma è riuscito ad andare in doppia cifra (Borja è a 9 centri).
Si tratta di Peirò, che fu, tra l' altro, anche il primo spagnolo, di 14 complessivi, ad indossare la maglia giallorossa. Quindi, anche se Dzeko venisse reintegrato, è molto probabile che il giovane centravanti venga confermato dal primo minuto anche contro la Juventus, lanciandolo così alla ricerca del decimo gol stagionale.
Comincerà a lavorare di nuovo a Trigoria El Shaarawy, che deve ritrovare il giusto livello agonistico, prima di poter essere utilizzato da Fonseca. Si è intanto presentato ieri alla stampa il terzino statunitense Bryan Reynolds, quasi l vent' anni, arrivato in prestito oneroso fino a giugno con obbligo di riscatto per poco meno di sette milioni di euro, più altri 5,65 di bonus. «Sono molto grato per questa occasione - le sue parole - sono texano come Ryan Friedkin e questo mi aiuterà. Mi ispiro ad Hakimi e Cuadrado come caratteristiche » . Un arrivo per l' immediato, ma soprattutto in prospettiva, un anticipo del mercato estivo, quando - mentre Reynolds avrà scontato il suo periodo d' ambientamento - andrà via Bruno Peres, in scadenza, e si valuterà la posizione di Karsdorp.
A centrocampo tesserato lo svedese, classe 2003, Tahirovic.
2 - QUELLA FASCIA ORMAI SCOMODA E UN EX CAPITANO CHE VALE PER TRE
Enrico Sisti per "la Repubblica - Edizione Roma"
Dzeko è stata una risorsa tale, per la Roma, che la fascia di capitano al braccio gli andava persino stretta, al punto da diventare un laccio emostatico.
Dicono che il bosniaco abbia sragionato. E che altri l' abbiano seguito (o preceduto?). Il calcio è così. Lo spogliatoio non serve soltanto per spogliarsi, farsi la doccia e rivestirsi. Serve anche per appiccicarsi al muro, per smettere di volersi bene, di stimarsi. E alla Roma è quasi una consuetudine vivere certi passaggi nell' oscurità. Con la sua inconsistenza, la gestione Pallotta ha acuito problemi che un presidente più presente e più tangibile avrebbe forse risolto con una chiacchierata.
Di sicuro essere capitano della Roma, da qualche anno, è diventata una specie di colpa. Quattro simboli sono stati neutralizzati. Totti tormentato sino a farlo sentire di troppo. De Rossi costretto a scappare in Argentina. Florenzi obbligato a rimpiangere di aver simboleggiato qualcosa e di aver coinvolto, un giorno lontano, persino sua nonna. Tutti capitani della malaparata resi più vulnerabili, irascibili. Ora Dzeko.
Figure scomode o, a seconda del punto di vista, comodissime. Che un sentire profondo o un diverso parere sfoci nell' inciviltà di una scazzottata non è una vittoria per nessuno, ma ci può stare. Il gruppo e la società che generano urla e devastazioni comunque non ci guadagnano. Tra Dzeko e Fonseca le relazioni hanno preso a guastarsi dopo Siviglia.
A seguire, è stato solo un vivere di apparente concordia, ma su di un piano inclinato che li ha fatti entrambi scivolare lentamente, e senza speranza, verso il peggio, verso la fine. In realtà sono due anni che la Roma sta cercando di vendere Dzeko e forse sono due anni che Dzeko sta provando a far capire a tutti, sé stesso compreso, che il suo orologio giallorosso si è fermato. È l' ennesimo pasticciaccio di una civiltà sbilenca, priva di una vera e propria identità.
Il terzo posto rende forte Fonseca, fa sì che la squadra abbia voluto dimostrare, vincendo col Verona, di poter fare a meno del suo ex capitano, ora capro espiatorio, irrobustendo il contrasto fra buoni e cattivi. Ma sarà veramente così? Certo, si può anche fare a meno di Dzeko, specie se il bosniaco ha perso il buonumore o, come si dice, le buone maniere. Del resto Spalletti faceva a meno di Totti.
Dzeko resterà come un convitato di pietra a vegliare torvo sul destino dei suoi vecchi compagni? Ci sarà e non ci sarà?
Potrà essere reintegrato? Nel qual caso, a che scopo? Una cosa è certa: se Fonseca pensa di sostituire Dzeko con il solo Mayoral si sbaglia. Per sostituire Dzeko ce ne vogliono tre: un centravanti, un falso nueve e un regista avanzato. Quel capro espiatorio era tante cose insieme.
Non tutte bellissime magari. Ma tante