Guglielmo Buccheri per “La Stampa”
Il primo affondo manda Abraham a terra: punizione. Al secondo, l'attaccante inglese della Roma resta senza pallone, al terzo, il pallone, nemmeno lo vede.
Federico Gatti è fatto così: difensore centrale a cui piace sentire l'avversario addosso. «Tocca a te, giochi...», gli ha detto il ct azzurro Mancini e, da quel momento, niente sonno, massima adrenalina.
«Sul letto, in camera, ho pensato alla mia carriera, o meglio, alla mia vita: mi alzavo presto e mi presentavo all'allenamento alle 7 di sera sporco di vernice dopo una lunga, lunghissima giornata di lavoro. Ed ora l'Italia...», racconta Gatti.
«Piano con i paragoni»
L'Italia e, poi, la Juve. «Io, un Chiellini che parte da destra? Non scherziamo, lasciate perdere...», il sorriso di Federico mentre sta per lasciare il piazzale dello stadio di Wolverhampton.
«Chiellini con i piedi di Bonucci», è la sua presentazione fatta da chi, il direttore sportivo del Frosinone Angelozzi, lo ha accolto e ha scommesso su di lui. Chiellini o no, Gatti ha già stregato Mancini e, con Mancini, si candida ad un bel futuro azzurro.
«Fisico ed intelligenza: all'inizio era nervoso, poi è filato tutto liscio», così il Mancio. Cercare il ragazzo nato a Rivoli sui social è una missione inutile. «Non mi piacciono. A dire il vero, butterei anche il telefonino perché - sottolinea ai microfoni di Rai Sport - a me piacciono i rapporti veri e dietro ad un cellulare, o ai social, non si crea niente di vero. Preferisco vivere il gruppo, il campo, l'allenamento...».
Non ha dormito, Federico. Ma sotto i riflettori ha dato l'impressione di essere là da sempre. «Ho giocato - dice - come avrei giocato in Promozione: lo spirito deve essere sempre uguale».
La Juve, lo scorso gennaio, ha vinto il derby di mercato all'ultimo tornante e, ora, guarda a Gatti come un giocatore su cui puntare e non come possibile pedina di scambio nelle eventuali trattative.
«Mio nonno ha pianto, la mia è una famiglia granata, fortemente. Ma, mio nonno, era strafelice per me», ha raccontato il centrale in B fino ad un mese fa. Il 31 gennaio scorso lo chiamò Juric e, per Federico, fu un brivido («Che personalità e carisma ha il tecnico granata...»).
Dopo pochi minuti, lo squillo che vale una carriera: è la Juve che si inserisce nella trattativa e vede la fumata bianca. Italia, poi, il ritiro in bianconero. Il lavoro da serramentista o muratore e le giornate in cantiere hanno fatto di Gatti un ragazzo forte e pronto ad ogni sfida: il calcio è un copione che non conosceva e che non lo cambierà.
Il 6 maggio, Federico marcava Lucca o Puscas per l'ultima fatica del suo Frosinone contro il Pisa. L'11 giugno toglieva il fiato ad Abraham e chiudeva lo spazio ad Harry Kane. «Ho giocato come facevo in Promozione...», dice. A proposito del linguaggio universale del calcio inseguito e voluto da Mancini.
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