Rosario Di Raimondo per il Repubblica - Estratti
«Situazioni tossiche».Che hanno portato l’Inter a cedere alle «pressioni» degli ultrà se non «di fatto» a «finanziare» i protagonisti del tifo violento. Impegnati incessantemente a trattare e minacciare al fine di avere più biglietti da smerciare a prezzi folli, o di entrare a San Siro come fosse il salotto di casa, o di fare affari grazie a tutto ciò che gira attorno al pallone.
Davanti a questo, il club ha avuto «atteggiamenti tra agevolazione colposa e sudditanza », e la sua organizzazione si è rivelata «inadeguata a fronteggiare non solo la criminalità mafiosa ma anche quella comune». Le parole dei pm Sara Ombra e Paolo Storari, titolari dell’inchiesta che ha azzerato le Curve milanesi, oltre a rappresentare un atto d’accusa sono destinate a segnare l’anno zero nei rapporti tra squadre e tifosi. I capi e gli esponenti delle Curve Nord e Sud arrestati hanno intanto scelto il silenzio, ieri, durante gli interrogatori di garanzia davanti al gip.
Da Lucci a Beretta a Rosiello, il bodyguard di Fedez. Le prossime mosse La Procura guidata da Marcello Viola, che ha coordinato il lavoro di squadra Mobile e Guardia di finanza, ha aperto nei confronti di Milan e Inter un «procedimento di prevenzione » e nominato due consulenti. Luigi Saporito per i nerazzurri, e Pier Antonio Capitini per i rossoneri hanno già chiesto documenti ai club.
Sarà un percorso lungo, durante il quale i vertici delle società dovranno dimostrare il superamento dei legami malati con gli ultrà, attuando delle contromisure. Se ciò non avvenisse, i pm potrebbero arrivare a chiedere al Tribunale l’amministrazione giudiziaria delle società con la nomina di commissari. Azione già avvenuta in altri ambiti, come per il caporalato nella moda.
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Tornando all’inchiesta sulle Curve, secondo i pm finora c’è stata una «normalizzazione della devianza», e non si può pensare «che il problema possa essere risolto solo rimuovendo le figure apicali o semi apicali » dei club, senza rivoluzionarne la stessa anima.
Quei rapporti malati «Vorrei tranquillizzare i tifosi e noi stessi — ha detto il presidente dell’Inter Giuseppe Marotta –. Noi siamo parte lesa, non abbiamo nulla da temere e allo stesso tempo abbiamo garantito la massima collaborazione alla magistratura».
Intanto gli inquirenti elencano i legami malsani che finora hanno legato squadre e ultrà. «Controlli assolutamente carenti per gli ingressi allo stadio; forniture di biglietti a soggetti appartenenti alla criminalità che poi effettuano enormi ricarichi in sede di rivendita; sudditanza nei confronti dei capi ultras o comunque condannati per vicende attinenti allo stadio che continuano, di fatto, a gestire la tifoseria». In questa situazione, l’Inter «di fatto agevola soggetti indagati e in alcuni casi condannati per fatti gravi».
“Situazione molto pericolosa” Una prassi, fra le altre, fa capire l’anarchia che regna a San Siro. Viene descritta nelle carte: un’ora prima della partita, una media di «70-80 ultrà » entra allo stadio per introdurre coreografie, striscioni e bandiere.
Spesso, l’accesso viene fatto non dai tornelli (dove sarebbe “registrato”) ma dalle porte di servizio. Così gli abbonamenti vengono raccolti e “affittati” ad altre persone. In generale, i magistrati sottolineano «il costante ingresso allo stadio di soggetti privi di tagliando, agevolato dalle pesanti intimidazioni nei confronti degli steward, situazione che va avanti da anni e a cui nessuno pare essere in grado di porre rimedio».
Dunque, «non vi è chi non veda come tale situazione sia estremamente pericolosa (e non solo per l’ordine pubblico)».
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