Estratto dell’articolo di Marco Lombardo per “il Giornale"
EDBERG E LA MORTE DEL GIUDICE DI LINEA RICHARD WERTHEIM
Quella palla non era neppure così mortale, ma ci sono momenti della vita in cui essere al posto sbagliato causa una serie di coincidenze incredibili. Tali che Richard Wertheim, per gli amici Dick, resta l’unico uomo della storia ad essere stato ucciso da una pallina da tennis.
Così almeno fu deciso, dopo il processo che seguì la sua morte e sancì il suo status di vittima della sorte, la stessa che avrebbe potuto cambiare il destino dello sport di cui era tanto appassionato e che non avrebbe visto crescere uno dei suoi campioni più ammirati. Il 10 settembre 1983, quarant’anni fa, il tennis insomma si apprestava a celebrare Stefan Edberg in finale degli UsOpen e in procinto di festeggiare il suo piccolo Grande Slam: aveva 17 anni, non era ancora entrato nel tabellone degli adulti, ma quell’anno aveva già vinto i tornei junior in Australia, Parigi e Wimbledon.
EDBERG SCONVOLTO PER LA MORTE DEL GIUDICE DI LINEA RICHARD WERTHEIM
Mancava quindi solo New York, era quel giorno. Un sabato, quell’anno: 24 ore dopo Jimmy Connors avrebbe battuto l’odiato Ivan Lendl, ma non era questo che importava a Dick. Il suo trofeo era essere lì, oscuro appassionato di Lexington, Massachusetts, giudice di linea di una finale - comunque tale era - che avrebbe battezzato un nuovo eroe.
E allora ecco Edberg contro l’australiano Youl, che poi sarebbe scomparso dalle cronache future. E la novità di quell’edizione dello Slam americano, in cui gli organizzatori si erano ingegnati per sistemare più elegantemente i linesman a tiro di Tv: la soluzione decisa fu un seggiolino messo sopra un cubo usato come supporto, sicuramente molto trendy ma particolarmente molto scomodo.
A bordo campo, giusto sul fondo, sedeva traballante Richard: silence please, play. Edberg partì in quarta e ad un certo punto servì un servizio dei suoi: effetto verso l’alto, potenza media, rimbalzo difficile da respingere. Non era una palla mortale per niente, neanche sportivamente parlando, eppure il «kick» diretto al centro prese una traiettoria decisa verso Wertheim, colpendolo all’inguine.
Niente di grave, se non fosse che questo scatenò le coincidenze: Dick si sporse indietro per tentare di evitarla, cadde dal seggiolino, picchiò la testa, perse conoscenza. Subito soccorso, venne portato in ospedale, mentre Edberg e Youl assistevano attoniti alla scena. Stefan fu però rassicurato che andava tutto bene e così la partita riprese: 6-2 6-4, Grande Slam juniores, trofeo alzato e sorrisi.
Fino a quando, in conferenza stampa, qualcuno chiese conto dell’episodio e lo svedese capì: non seppe cosa rispondere, poi - cinque giorni dopo - arrivò la notizia che Richard Wertheim non aveva mai più ripreso conoscenza fino alla morte.
Un dramma, multiplo: per Dick, la sua famiglia e per Edberg, talmente disperato da pensare di ritirarsi dal tennis ancor prima di cominciare la carriera. Ci volle tempo per recuperare, mentre la moglie di Richard ingaggiò un legale newyorkese di grido, l’avvocato Jacob Fuchsberg, accusando i gestori del torneo di aver costretto i giudici di linea ad assumere una posizione scomoda «anche per questioni estetiche», e di essere quindi responsabili per la morte del marito.
Chiese oltre 2 milioni di dollari di risarcimento, in primo grado gliene concessero 156mila...