Lorenzo Vendemiale per il Fatto Quotidiano - Estratti
Gabriele Gravina non lascia, raddoppia. Invece di chiedere scusa e farsi da parte per i disastri della nazionale sotto la sua gestione, il n.1 della Figc anticipa l’assemblea federale al 4 novembre. Eccola, la risposta dei vertici al fallimento nazionale: auto-confermarsi alla guida del calcio italiano.
Le urne erano previste tra marzo e gennaio 2025, la forzatura (che manda nel caos le componenti chiamate a votare prima) ha un intento smaccato: togliere tempo all’opposizione per organizzare un’alternativa, oltre che mettere a tacere le voci su un possibile commissariamento (inutile, se si voterà presto).
GIUSEPPE GRAVINA - CLAUDIO LOTITO
Così Gravina potrà dire che resta presidente perché il pallone gli ha rinnovato la fiducia. O al limite piazzare un candidato gradito, eventualità ad oggi comunque remota.
Ma come, invece di cacciarlo dopo una simile figuraccia lo rieleggono? Alla domanda che qualsiasi tifoso si pone in queste ore – ovvero come mai nel mondo del pallone nessuno abbia avuto la dignità (inutile aspettarsela dal diretto interessato) di alzarsi e chiedere le dimissioni – la risposta è semplice: i vertici del calcio italiano sono tutti o alleati o piazzati da Gravina, se non proprio, in certi casi, a libro paga della Figc. Per non parlare dei principali quotidiani sportivi e non, inondati di pubblicità dalla Federazione.
Nei suoi sei anni alla guida della FederCalcio, Gravina ha occupato militarmente i posti di potere, liquidando gli avversari.
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Anche le componenti tecniche sono in mano sua. Fra i calciatori c’è Umberto Calcagno, che ha raccolto l’eredità di Damiano Tommasi (grazie all’aiuto di Gravina, che ha convinto Tardelli a ritirarsi dalla corsa con un incarico ben pagato in Federazione), ed è suo vicepresidente in Figc. Gli allenatori sono ancora guidati dal vecchio Renzo Ulivieri, che è pure direttore della prestigiosa scuola federale di Coverciano.
E che infatti ha minimizzato: “Le colpe sono di tutti”, il modo migliore per dire che non sono di nessuno. Infine gli arbitri, dove, cacciato Trentalange in seguito allo scandalo del procuratore D’Onofrio (da cui però è uscito scagionato), Gravina può contare su Pacifici, e ha provato a cambiare le regole per far eleggere un suo uomo. Intanto, ha ottenuto la conferma biennale del fidato Gianluca Rocchi come designatore, ruolo temutissimo dai patron di Serie A.
Soltanto in Lega Calcio, il regno di Lotito, resiste il dissenso, insieme alla piccola Serie B di Mauro Balata. I presidenti però sono divisi.
Infatti la prima mossa di Gravina è stata quella di nominare una pseudo commissione per la valorizzazione dei giovani, dove ci saranno Marotta (Inter), Giuntoli (Juventus), Sartori (Bologna), Marino (Atalanta), tanto per consolidare il favore delle big. Insomma, Gravina ha la certezza di partire da una base tra il 70 e l’80% dei consensi. Percentuali bulgare, contro cui diventa difficile anche solo pensare a un’alternativa (chi accetta di candidarsi rischiando una figuraccia?). È questa la vera ragione per cui rimane imperterrito al suo posto.
Non a caso, nell’imbarazzante conferenza stampa post Svizzera si è affrettato a chiarire che “la politica non può chiedere le dimissioni”. Sa bene che dentro al mondo del pallone nessuno lo farà.
L’unico ribaltone che teme può venire dall’esterno. Ma fin qui dai partiti si sono alzate voci deboli e sparute, Amato dei 5 stelle, anche Fratelli d’Italia con Comba che però è un deputato minore, le solite innocue sparate di Salvini. L’onda che nel 2018 portò al commissariamento della Figc oggi non sembra montare.
Anche perché il ministro Abodi tentenna come suo solito. E Malagò, che all’epoca fece il diavolo a quattro contro Tavecchio, non dice una parola su Gravina, che giusto pochi giorni fa ha pubblicamente sposato la sua causa per la riconferma al Coni.
L’unica vera incognita rimane l’inchiesta giudiziaria (è ancora indagato per la storia delle presunte mazzette attraverso la vendita di libri antichi), un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio cambierebbe tutto. Ma oggi Gravina si sente invincibile. Se sopravvive non ad una, ma a due apocalissi nazionali, che governi pure in eterno.
Giovanni Malagò e Gabriele Gravina Foto Mezzelani GMT45
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