BERGER
BERGER
Andrea Cremonesi per la Gazzetta dello Sport
Tartare di salmone, spaghetti gamberoni e lime, un goccio di spumante: tra un boccone e l' altro Gerhard Berger racconta. L' ex pilota della Ferrari è protagonista di un blitz a Garage Italia, centro milanese di aggregazione e creatività nato dalla fervida mente di Lapo Elkann: lo aveva scoperto prima di Natale e se ne è innamorato al punto da decidere di sceglierlo per lanciare la tappa italiana del Dtm in programma il 7-8 giugno a Misano.
Guest star, il ducatista Andrea Dovizioso.
Una parentesi di relax in un periodo emotivamente impegnativo per Berger. Lunedì sera era a Salisburgo negli studi di Servus tv insieme a Luca di Montezemolo e a Helmut Marko per ricordare l' amico Niki Lauda, oggi sarà nella cattedrale di Santo Stefano a Vienna per la commemorazione accanto al mondo della F.1, capeggiato da Toto Wolff e Lewis Hamilton.
«Luca e Helmut sono stati per Niki gli amici più stretti. Montezemolo ha usato parole dolci, Marko ha raccontato di aver accompagnato Lauda a Maranello al primo incontro con Ferrari, durante il viaggio avevano anche studiato l' accordo che avrebbero sottoposto al Commendatore. Poi scoprirono che margini di trattativa non c' erano: era prendere o lasciare».
Ascoltando il dirigente della Red Bull, a Berger è venuto in mente quanto la sua carriera e quella di Niki avessero molto in comune: Io sono passato dallo stesso ufficio dieci anni più tardi, sono bruciato anch' io al volante di una Ferrari (Imola '89; n.d.r .), come Niki, ho deciso io di andarmene e infine sono tornato».
Berger ha vissuto l' agonia di Lauda quasi quotidianamente.
«Le sue condizioni erano altalenanti, Alla fine però ho capito che era solo questione di tempo, che le sue batterie si stavano spegnendo». Confessa che Niki non era stato il suo idolo in gioventù. «Amavo i piloti spericolati come Jochen Rindt, poi però ho capito che Niki non era solo intelligente, era anche uno dal piede pesante altrimenti non si ottiene il record della pista sul vecchio Nürburgring o si vince a Montecarlo sotto la pioggia.
Niki è morto presto, a 70 anni, ma ha fatto cose che un uomo normale non avrebbe saputo realizzare neppure vivendone mille! Ma cosa più stupefacente è che era sempre se stesso».
Lapo ha un appuntamento a Londra e deve andarsene ma prima strappa a Berger la promessa di avere tuta e casco da esibire nel locale «Tu però - replica l' austriaco - devi impegnarti per riportare l' Alfa nel Dtm. Un marchio del genere si alimenta solo con le corse». Il discorso fatalmente scivola sulle prestazioni della Ferrari al di sotto delle attese. «Per ciò che aveva mostrato a Baku ero convinto che potesse giocarsi il Mondiale, poi a Monaco, al di là degli errori, non aveva abbastanza velocità. Non riesco ancora a farmi una idea del potenziale. Di certo, se vogliono lottare per il campionato, devono smetterla di sbagliare. Ma la mossa di affidarsi a Mattia Binotto è giusta: dopo l' uscita di Montezemolo e Stefano Domenicali, la Ferrari era cambiata, non era più quella che conoscevo. Ora con Binotto ha ritrovato il suo dna. Ma ci vuole tempo, bisogna che si stabilizzi. Sono convinto che basterebbe una vittoria per togliere un po' di pressione e dare una svolta alla stagione».
Anche perché, tolta quella Mercedes, Berger è convinto che la Ferrari abbia la coppia meglio assortita: «Un 4 volte campione del mondo e un giovane che ha la Ferrari cucita addosso». Anche se Vettel non sta brillando.
«Seb ha bisogno di sentirsi a casa, di vivere in una atmosfera rilassata. Sta soffrendo e non riesce a dare il 110%, come successe quando era con Ricciardo, quando poi lasciò la Red Bull».
Ma Berger non crede che possa separarsi prima di fine 2020 dalla Ferrari e ancora meno a uno scambio con Hamilton.
«Lewis ha un super ego, prima di lasciare la Mercedes vuole raggiungere Schumacher a 7 titoli. E' il pilota che più mi ricorda Senna. Seb è un lavoratore come Schumacher ma rispetto a Michael gli manca la capacità di indirizzare il team, di chiedere l' ingaggio di uomini chiave.
Ma ora è concentrato al 100% per dimostrare al team che lui è ancora il numero 1». Prima del caffé c' è tempo ancora per un ricordo milanese. «Una sera io e Ayrton tornavamo da Monza, Senna guidava la mia Ferrari e a ogni semaforo eravamo circondati dai tifosi. A un rosso, strappai le chiavi dal cruscotto e le gettai fuori dal finestrino... Ayrton fu costretto a scendere e a cercarle nell' aiuola!