VE LO RICORDATE? PROTAGONISTA DI UNA DELLA DELLE PIU’ GRANDI IMPRESE DEL CALCIO ITALIANO, HA AVUTO LEGGENDARI SCONTRI CON TRAPATTONI, OGGI DICE: “FINIRE IL CAMPIONATO IN SICUREZZA È UNA COSA IMPOSSIBILE”. DI CHI SI TRATTA? – VIDEO

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Da Le Lunatiche: https://www.raiplayradio.it/programmi/lelunatiche

 

piero fanna piero fanna

Pierino Fanna è intervenuto nel corso della trasmissione Le Lunatiche in onda su Rai Radio 2 ogni sabato e domenica dall’1 alle 5, condotta da Federica Elmi e Barbara Venditti.

 

Sullo scudetto del Verona:

 

Tra un mese, il 12 maggio, festeggiamo i 35 anni e con il nostro gruppo dello scudetto proprio in questi giorni ci mandiamo dei video, pezzi di frasi di nostalgia. Anche da Verona mi arrivano delle cose nostalgiche di un calcio che fu, perché 35 anni sono tantissimi, fortunatamente stiamo tutti bene, da una parte mi sembra che siano passati pochi anni, dall’altra per come sono cambiati il calcio e la vita sembrano il doppio.

 

Non ci sarà più un Verona come quello perché la nostra impresa, quella dell’84, è stata l’ultima. L’ha vinto la Sampdoria nel ’90 ma era già una squadra che veniva costruita con i soldi, la nostra, e quella ancora prima del Cagliari, è stata un’impresa costruita con le conoscenze di un allenatore e con le competenze di un direttore sportivo. Adesso vediamo che l’Atalanta facendo grandi imprese può arrivare terza o quarta, quindi vediamo che per una provinciale ormai la poesia è svanita. La favola è stata la nostra ed è stata raccontata, la rifanno vedere tante volte perché in Italia non succederà mai, in Inghilterra è successo 4 anni fa con il Leicester, però non capiterà qui. Quello che fa muovere queste classifiche o questi cambiamenti sono gli interessi calcistici.

piero fanna piero fanna

 

 Il segreto del nostro gruppo è che innanzitutto non c’era lo svincolo, stava appena iniziando in quegli anni. Il segreto è stato quello di costruire questa squadra con idee, con una mentalità da provinciale, ci hanno chiamati gli scarti delle grandi squadre. Se pensiamo adesso che un tredicesimo giocatore, la prima riserva della Juve, della Roma, della Fiorentina, vada in una provinciale è impossibile. In quegli anni invece io arrivavo dalla Juve, Marangon dalla Roma.

 

È stata anche un po’ la rivalsa di cominciare tutto da capo, queste grandi società non ci hanno dato spazio, ci siamo trovati tutti quanti a Verona con questo grande Allenatore, Osvaldo Bagnoli, che aveva una mentalità vincente, che ci ha fatto divertire, quindi un papà di quelli con idee chiare e grande personalità che ha espresso in noi tutta la nostra potenzialità, ci ha dato l’estro di metterlo sul campo e noi l’abbiamo ripagato.

 

Sul sorteggio arbitrale:

 

Quel tipo di sorteggio penso abbia fatto si che tutte le squadre non potessero lamentarsi. È chiaro che quando ti trovi in testa alla classifica le cose cambiano, ci hanno portato rispetto, nessuno si lamentava, non c’erano condizionamenti esterni. Può essere che abbia contribuito a rendere imparziale tutto quel campionato. Essendo anche una provinciale all’inizio la grande stampa ha cercato di condizionarci dicendo che avremmo mollato, che non potevamo reggere quel ritmo, invece eravamo una squadra di giocatori forti ognuno nel suo ruolo.

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Sul suo passaggio all’Inter:

 

Quella di passare all’Inter è stata una scelta mia, una scelta che ho fatto con grande dispiacere perché a Verona ho lasciato una famiglia. Il mio desiderio da ragazzino era quello di andare all’Inter, che ho sempre tifato, il mio idolo era Mazzola. Quindi sono andato in una grande squadra, ci è voluto tempo per imparare a rispettare tante cose, infatti i risultati non sono venuti subito.

 

È stata una scelta mia, mi sono preso le mie responsabilità, sono andato con grandi ambizioni però ho reso la metà di quello che ero a Verona. Gli scudetti si vincono soprattutto negli spogliatoi, perché prima di far correre le gambe bisogna far correre la testa nel modo giusto, rispettarsi e rispettare regole e le giuste gerarchie, nelle squadre il segreto è questo, ognuno deve stare al suo posto, deve dare il massimo e poi il resto viene fuori.

 

Su Giovanni Trapattoni:

 

Non ho avuto grande fortuna ad incontrare Trapattoni, anche se ci siano rispettati abbiamo anche avuto degli scontri importanti. Io ho sempre dato il massimo, sia alla Juve che all’Inter. Lui vedeva il mio ruolo non tanto come attaccante quanto come centrocampista di attacco limitato. Io avevo bisogno di più libertà, cosa che ha capito Bagnoli. Invece all’Inter sono sempre stato un’ala destra ma se con Trapattoni andavo sulla sinistra magari fischiava sempre, quindi qualche volta mi irritava perché mi toglieva la serenità. Sotto certi aspetti mi ha anche un po’ condizionato, però è sempre stato ed è un grande allenatore. Mi sono sempre preso le mie responsabilità, però se devo essere sincero quando sono andato all’Inter quando vincevamo Trapattoni mi toglieva e metteva un centrocampista, invece Bagnoli quando vinceva metteva un attaccante. Erano due mentalità diverse, ogni allenatore ha la sua mentalità. Diciamo che speravo di trovare un altro allenatore all’Inter.

 

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Su Osvaldo Bagnoli:

 

Bagnoli per me è mio padre del calcio, a parte che è del mio stesso segno, cancro.A giugno farà 85 anni e poteva avere un’altra carriera ma non aveva diplomazia nelle relazioni . Tutti quelli che ha allenato ne hanno un grande ricordo, perché la sua prima qualità è quella di parlare poco. Per me e per tutti noi è stato un papà, perché parlava poco, si faceva capire con gesti, quindi grande riconoscenza.

 

Gli allenatori negli anni ’80 compravano i giocatori, facevano la preparazione, facevano la tecnica, facevano tutto. Adesso ci sono cinque preparatori, ci sono allenatori per ogni reparto. La mia fortuna nel momento più difficile della mia carriera è stata quella di trovare questo allenatore che ha creduto in me, quindi io ho cercato di ripagarlo con quello che ho potuto fare e con le mie abilità. I calciatori sono delle persone, non siamo dei robot, quindi l’allenatore fa la differenza se è in grado di capire psicologicamente i giocatori.

 

Sui mondiali di Messico’86:

 

Se rimanevo a Verona forse in Messico sarei andato anche io, perché sono andati tre dei miei compagni, Galderisi, Tricella e Di Gennaro. Per me il primo anno all’Inter è stato abbastanza deludente, quindi Bearzot giustamente non mi ha convocato. Quei tre anni a Verona per me sono stati gli anni d’oro, dove ho vinto per tre anni di fila. Lì ho interrotto e ho rischiato, quindi in parte mi sono giocato anche il Mondiale.

 

Sul campionato di calcio:

 

Anch’io un mese fa avrei sottovalutato questa situazione, adesso con quello che sta succedendo ho tanti dubbi perché la sicurezza non sarà mai totale anche se vengono fatti prelievi e tamponi a giocatori, staff, familiari. Finire il campionato in sicurezza è una cosa impossibile, a meno che i giocatori non vadano in ritiro due mesi, giochino quei venti, si ritrovano in un posto e rimangono lì senza spostarsi. Dall’altra parte c’è questo grosso giro di interessi che a volte spinge a rischiare sulla salute per portare avanti le cose.

 

Ci vorrebbe tanta cautela, sento di giocatori favorevoli e giocatori contrari ma penso che l’ultima parola sia di chi ha competenza, quindi medici, scienziati, virologi, ma la sicurezza non sarà mai totale.

 

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