Andrea D’Amico per “La Stampa”
È dentro o fuori: perché in quest’ora e mezza (o forse più) c’è già scritta la verità di un anno intero, da vivere nel riflesso scintillante delle notti della Champions o nel rimpianto, l’amarezza, per un’occasione lasciata scappare via.
Si scrive San Mamés e si legge, in qualche modo, miracolo: perché l’1-1 dell’andata, al San Paolo, obbliga il Napoli ad andare oltre, a prendersi tutto con un’impresa o a raccogliere egualmente il passaporto per il gotha del calcio attraverso un pareggio con più d’un gol. «E noi siamo qua per questo».
andrea agnelli foto mezzelani gmt
Benvenuti all’inferno, in uno stadio che è già pieno come un uovo e che non si limita a far da testimone allo stato di salute del Napoli, ma del calcio italiano in genere: perché è vero che uscire, eventualmente, «non sarebbe una tragedia», come disse Benitez, però certificherebbe una volta di più le difficoltà di un movimento intero che si troverebbe ridimensionato e dovrebbe accontentarsi di lasciare ad una delle grandi protagoniste delle ultime stagioni le briciole dell’Europa League.
Non è solo una «sporca» questione di soldi, di quei trenta-trentacinque milioni che danzano in uno stadio nuovissimo, bellissimo, caldissimo, capace eventualmente di bruciare sogni e denaro; ma qui c’è in palio anche la statura del calcio italiano che è uscito con le ossa rotta dal Mondiale, che ha attraversato la sua estate dei veleni per l’elezione del presidente della Federcalcio e che può risollevarsi, moralmente e però anche concretamente, presentandosi alla prossima Champions con il Napoli al fianco della già qualificate Juventus e Roma.
«Serve la partita perfetta» ha suggerito Callejon, che gioca il suo personalissimo «derby» a testa alta: «Perché loro sono forti ma anche noi lo siamo e all’andata quel pareggio ci andava stretto, anche se un po’ li abbiamo sofferti nella fase finale del primo tempo. Ma abbiamo creato tanto e sprecato altrettanto».
Stasera è vietato sbagliare, sin dalla formazione: Benitez cambia poco rispetto all’andata, dentro Mertens e fuori Insigne, dentro Inler e (forse) fuori Jorginho, Britos resta a sinistra. E poi sarà battaglia, con il codice-Benitez. «Noi vogliamo diventare sempre più grandi».
2. JUVE E ROMA GUFANO: IN BALLO 10 MILIONI A TESTA
Marco Iaria per “la Gazzetta dello Sport”
Gufare, sempre e comunque, perché ad alcuni il tifo «contro» dà la stessa adrenalina del tifo «per». Oppure deporre le armi e incarnare lo sciovinismo più spinto, perché siamo tutti fratelli d’Italia quando varchiamo i confini.
Nelle coppe europee gli appassionati ondeggiano tra questi due sentimenti opposti. Ci sta. Ma ve lo immaginate Agnelli nel suo salotto a Torino e James Pallotta nel suo studio ovattato di Boston imprecare per un’occasione mancata dell’Athletic o compiacersi per una defaillance difensiva del Napoli, insomma vestire i panni dei gufi contro gli azzurri?
Loro sì che avrebbero un motivo «valido» per farlo. E la panchina del tifo non c’entra nulla, bensì il cinismo del portafogli. Il principio è elementare: meno squadre di una stessa nazione ci sono, più soldi ci si spartisce. Quali soldi? Quelli del cosiddetto market pool, cioè quasi la metà del montepremi che l’Uefa destina alle partecipanti della Champions League.
Il market pool è la quota dei premi legata al mercato televisivo di ciascun Paese: l’Italia, grazie ai diritti pagati a peso d’oro da Sky e Mediaset, ha in dote la fetta più grossa, 80 milioni, contro per esempio i 70 dell’Inghilterra e i 50 della Germania.
Un conto è se quei soldini se li dividono Juve e Roma, ammesse di diritto ai gironi, un altro se al tavolo si aggiunge il Napoli. Per il club di De Laurentiis la partita di stasera vale 30 milioni (compresi i premi Uefa per le performance sportive) più il botteghino, ma le altre due si leccano i baffi immaginando l’uscita del Napoli. In quel caso porterebbero a casa una decina di milioni in più a testa: esattamente 9 per la Juve e 11 per la Roma, a parità di cammino in Champions.
Sì perché gli 80 milioni vengono divisi così: per metà in base al piazzamento nell’ultimo campionato (55% alla prima e 45% alla seconda, oppure 50%-35%-15% con tre italiane) e per metà in funzione del numero di gare disputate in Champions. In caso di qualificazione del Napoli e ipotizzando, solo per semplificare, l’eliminazione di tutte e tre nei gironi, dal market pool verrebbero assegnati 33,3 milioni alla Juve, 27,3 alla Roma e 19,3 al Napoli. Senza gli azzurri, 42 alla Juve e 38 alla Roma. Tasche piene per Agnelli e Pallotta, ma una sconfitta per tutto il calcio italiano.