Uno, Mourinho, sbarca a Roma dal jet privato pilotato nientemeno che dal suo presidente in persona Dan Friedkin, atteso da centinaia di tifosi assiepati a bordo pista. L’altro, Spalletti, arriva in treno alla stazione di Afragola, viene prelevato dal presidente De Laurentiis, poi con un van nero fila via a Castel Volturno, in un sobrio anonimato.
La contemporaneità o quasi dell’esordio dei tecnici di Roma e Napoli tradisce uno stacco netto, quasi imbarazzante, tra l’euforia romana per il nuovo allenatore, e l’apatia dei napoletani per l’inizio del post-Gattuso.
Il dettaglio dell’aereo pilotato in prima persona da Friedkin è quasi fumettistico, e dipinge un ambiente esuberante al limite della caricatura da Allenatore nel pallone. Mourinho atteso addirittura da un cerimoniale, con una scaletta dettata dall’ordine pubblico. E poi tutta l’aneddotica: il modello dell’aereo, il minuto esatto dell’atterraggio, il colore dell’abito…
Un contraltare perfetto per il low profile che ha invece accolto il nuovo allenatore del Napoli – un “nome” a sua volta, non certo una scommessa da scoprire – tradotto nel centro sportivo senza fanfare. Manco fossimo a Malmoe. Roma e Napoli, d’un tratto, si ritrovano agli antipodi della stessa storia.
Mourinho tra l’altro arriva con una quarantena incombente, per un passaggio burocratico a Londra che probabilmente sposterà la presentazione ufficiale attesa per lunedì.
I tifosi del Napoli invece s’accontentano di vedere il primo Spalletti azzurro sui social del Napoli, con le foto istituzionali e i sorrisi di prassi, ma nient’altro.
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